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Laura Bocchi: “Voglio trasformare la mia esperienza personale in impegno per le fragilità del Veneto”

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mercoledì 12 novembre 2025
Laura Bocchi: “Voglio trasformare la mia esperienza personale in impegno per le fragilità del Veneto”

5' di lettura

Laura Bocchi, già Consigliere Comunale con Delega agli affari animali e Vicepresidente della Commissione Politiche sociali e Sanitarie per il Comune di Verona dal 2017 al 2022, è oggi responsabile per la Regione Veneto del Dipartimento Disabilità della Lega a fianco del candidato presidente Alberto Stefani e candidata alle prossime elezioni regionali. È madre di Ludovico Ernesto, un bambino con bisogni speciali.
L’esperienza familiare l’ha portata negli anni a collaborare con famiglie, associazioni, istituzioni e operatori, confrontandosi quotidianamente con le esigenze connesse all’autismo e alle fragilità sociali. Da questo percorso personale e professionale nasce un impegno pubblico orientato all’ascolto e alla costruzione di reti di sostegno efficaci.


Come nasce il suo impegno nel mondo della disabilità e delle fragilità sociali?

«Nasce prima di tutto dall’esperienza personale. Sono madre di Ludovico Ernesto, un bambino con bisogni speciali: un percorso che mi ha messa direttamente a confronto con le sfide dell’autismo, con le difficoltà di accesso ai servizi e con la grande forza delle famiglie.
Questo mi ha portata a impegnarmi nella costruzione di percorsi che possano semplificare la vita alle persone più fragili e a chi se ne prende cura, valorizzando tutte quelle realtà che quotidianamente lavorano accanto alle famiglie. Il mio obiettivo principale è dare voce a chi spesso non la ha, e costruire reti inclusive.»


Quali sono le priorità sulle quali riorientare il lavoro regionale?

«Le esigenze sociali sono cambiate profondamente. Le famiglie affrontano nuove forme di vulnerabilità: solitudine, aumento dell’età media, disabilità, disturbi del neurosviluppo, dipendenze. È necessario che la programmazione regionale si aggiorni e si adatti a questo nuovo scenario.
Lavorare nel Dipartimento Disabilità della Lega e il confronto costante con il ministro Alessandra Locatelli mi hanno confermato quanto sia fondamentale dare continuità alla presa in carico, coinvolgere i territori e sostenere la collaborazione tra famiglie, enti locali e terzo settore.
Nel programma con cui si presenta Alberto Stefani, l’aspetto sociale è centrale: si parte dalla consapevolezza che i bisogni sono cambiati in quindici anni e occorre ripensare gli interventi per adeguarli ai tempi.»


Ha promosso a Verona il progetto “Welcome Blue”, dedicato all’autismo. Qual è la sua particolarità?

«Welcome Blue nasce dal desiderio di rendere gli spazi cittadini più accoglienti per le persone nello spettro autistico, con un’attenzione particolare alla qualità dell’accoglienza. È un progetto che nasce dall’ascolto delle famiglie, ma anche dalla mia esperienza personale con mio figlio. Formazione del personale, comunicazione aumentativa e strumenti di facilitazione sono i punti di partenza per aiutare persone e famiglie a vivere i luoghi pubblici con maggiore serenità.
Da Verona, l’iniziativa è stata adottata anche a Padova e Treviso, rivelando un grande interesse e buoni risultati. Nel programma di Alberto Stefani vi è una forte attenzione alla possibilità di estendere questo modello in modo strutturato a tutto il Veneto, valorizzando le esperienze locali e rendendo l’accoglienza sempre più diffusa su tutto il territorio regionale.»


L’iniziativa con Acque Veronesi per Fieracavalli ha portato alla creazione di un padiglione autism-friendly. Che esperienza è stata?

«È stata un’esperienza molto significativa. Il Padiglione 1 – dedicato al Salone del Bambino – è stato progettato con spazi dedicati alla decompressione sensoriale, strumenti di comunicazione aumentativa e ambienti più tranquilli. Questo ha permesso a molte famiglie di ragazzi con autismo di vivere l’evento in modo sereno, offrendo momenti di pausa in un contesto solitamente proibitivo.
Guardando avanti, potrebbe essere interessante applicare questo modello anche in altri contesti fieristici e in tutti gli spazi pubblici con grande affluenza. Una possibile proposta riguarda anche il trasporto pubblico: introdurre percorsi di comunicazione aumentativa e formare il personale – ad esempio autisti e operatori – sulle caratteristiche dell’autismo potrebbe favorire l’autonomia e rendere gli spostamenti più sereni. Come accaduto per Welcome Blue e per questo progetto, le buone pratiche nate a Verona potrebbero poi essere condivise e replicate a livello regionale e, perché no, nazionale.»


Si parla molto di autonomia differenziata. Quali ricadute può avere in ambito sociale?

«Il Veneto ha una storia fortemente legata al tema dell’autonomia, e negli ultimi anni il dibattito si è intensificato. Non va dimenticato che Alberto Stefani presiede la Commissione parlamentare dedicata al tema, un ruolo che gli permette di seguire da vicino un percorso complesso ma rilevante.
Dal punto di vista sociale, l’autonomia potrebbe rafforzare ulteriormente la capacità delle comunità locali di intervenire in modo mirato, valorizzando il rapporto tra istituzioni, famiglie, volontariato e terzo settore. Avere competenze più vicine al territorio potrebbe facilitare continuità assistenziale, percorsi personalizzati e una maggiore valorizzazione delle reti che già rendono il Veneto un modello riconosciuto.»


Il tema delle dipendenze, in particolare del gioco, è molto sensibile e coinvolge fasce fragili della popolazione. Cosa si può fare a livello regionale?

«Le dipendenze, soprattutto quelle legate al gioco, coinvolgono persone e famiglie spesso in situazioni di forte vulnerabilità. Per questo è essenziale intervenire su più piani: prevenzione, supporto psicologico, accompagnamento sociale e collaborazione con i servizi territoriali e il mondo dell’associazionismo.

La Conferenza Unificata Stato Regioni ha indicato a più riprese la necessità di una riforma nazionale del gioco, di ridefinire una regolamentazione più omogenea degli orari di apertura sopratutto delle sale da gioco, prevedendo una fascia di sospensione quotidiana nelle ore considerate più a rischio, ma che sia continuativa. Anche psicologi importanti delle dipendenze come il Prof. Guerreschi hanno parlato di maggior compulsività dei giocatori a causa della frammentazione oraria. 
La mia proposta si muove in questa direzione in attesa della riforma nazionale: introdurre in Veneto una cornice chiara che stabilisca una fascia giornaliera unica di sospensione dell’attività delle sale da gioco, superando la frammentazione attuale, che vede regole molto diverse da Comune a Comune.

L’obiettivo è tutelare maggiormente le persone più vulnerabili, limitare l’accesso nelle fasce orarie critiche e favorire un monitoraggio più efficace, salvando i posti di lavoro, con 8 ore di chiusura giornaliera, continuativa e uguale in tutta la regione. Oggi il totale delle ore di chiusura imposto dalla regione é 6, quindi aumentiamo il totale delle ore di chiusura, ma con una logica più ordinata e sensata per tutti. Accanto a ciò, è fondamentale potenziare la rete dei servizi sanitari e sociali, per offrire percorsi personalizzati a chi vive una dipendenza, coinvolgendo famiglie, operatori e volontariato.»


Quali sono le sfide più urgenti per i prossimi anni?

«La società di oggi è molto diversa rispetto a dieci o quindici anni fa: sono emerse nuove vulnerabilità e bisogni più complessi. È quindi necessario aggiornare il modello sociale veneto, lavorando sulla personalizzazione dei percorsi e sull’integrazione tra servizi.
Il Veneto può contare su una rete significativa di realtà virtuose. Riconoscerne il valore, sostenerne le attività e condividere le buone pratiche può essere la strada per consolidare un sistema sempre più vicino alle persone. L’ascolto, la coprogettazione e la flessibilità saranno elementi chiave per affrontare le sfide del futuro.»