Magistrati sotto accusa

Giovanni Minoli, furioso contro l'Anm per le critiche ai referendum sulla giustizia di Lega e radicali

Giovanni Maria Jacobazzi

«L'Associazione nazionale magistrati dovrebbe semplicemente vergognarsi di sé stessa: ha un livello di credibilità talmente basso che farebbe meglio a stare zitta». Giovanni Minoli risponde così alle critiche dell'Anm nei confronti della campagna referendaria sulla giustizia promossa dal Partito Radicale e dalla Lega. La raccolta delle firme, 500mila il numero da raggiungere, è iniziata l'altro ieri e terminerà il prossimo 30 settembre. Minoli, giornalista e autore di famosi programmi televisivi Rai come Mixer, Report e La Storia siamo noi, è fra i sostenitori più convinti dei sei quesiti sulla giustizia.

Direttore Minoli, allora ha deciso di appoggiare i referendum?

«Sì, senza dubbio. Anche perché è l'Europa a chiederci di mettere mano in maniera seria ed efficace al nostro sistema giudiziario. È una scelta obbligata».

Il quesito che l'ha convinta maggiormente?

«Penso a quello sulla responsabilità diretta dei magistrati».

Il tema è ricorrente. Già nel 1987 i Radicali, dopo quanto accaduto ad Enzo Tortora, avevano promosso un referendum sulla responsabilità dei magistrati.

«Ricordo molto bene. Il referendum fu vinto con oltre l'80 per cento di "sì", ma poi un Parlamento succube dei magistrati varò la legge Vassalli che limitava al massimo la possibilità di rivalsa nei confronti del giudice che aveva procurato dei danni ai cittadini per il suo comportamento».

Gli ultimi dati disponibili dicono che dal 2010 al 2021 sono stati solo otto i magistrati condannati per i loro errori.

«Ecco, credo che sia un numero che renda bene l'idea di quale è ora la situazione in Italia. E aggiungo un elemento: oltre al fatto che nessuno paga per gli errori commessi, tutti rimangono tranquillamente al proprio posto. Anzi, fanno anche delle brillanti carriere, come la fecero a suo tempo i magistrati che arrestarono Tortora (uno venne anche eletto al Consiglio superiore della magistratura, ndr)».

Uno dei quesiti riguarda la separazione delle carriere. Argomento incandescente da sempre. Dopo il concorso in pratica il magistrato dovrà scegliere se fare il pm o il giudice e non potrà più cambiare funzione durante tutta la carriera.

«Sono favorevole anche in questo caso».

 

 

 

 

 

"Sulla separazione delle carriere ci sono criticità che a me sembrano non superabili. Creare un corpo di pubblici ministeri separato da tutto è probabilmente più pericoloso dell'attuale assetto". Sa chi lo ha detto?

«No».

Il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia secondo cui la separazione delle carriere è considerata addirittura pericolosa in quanto la conseguenza che ne deriverebbe sarebbe quella della dipendenza del pm dal ministro della Giustizia e quindi dal potere politico.

«Vuol dire che i vertici dell'Anm non hanno molta fiducia nella professionalità e nella moralità dei magistrati. Si conoscono bene, evidentemente».

Il segretario del Pd Enrico Letta è contrario ai referendum, vede meglio la riforma della giustizia a cui sta lavorando la Guardasigilli Marta Cartabia.

«Voglio ricordare che tutte le riforme della giustizia che ci sono state in questi ultimi trent' anni non hanno cambiato nulla. Il potere lobbistico della magistratura è riuscito sempre a stroppare qualsiasi tentativo di cambiamento. E comunque non ho ancora visto un testo definitivo di questa riforma».

È pessimista anche questa volta? Eppure c'è un clima di grande fiducia intorno alla ministra Cartabia.

«Ripeto, prima di giudicare voglio leggere cosa ha scritto. Se tiene conto della realtà, ottimo, sarò il primo ad essere contento. La condizione della giustizia in Italia è drammatica. Serve una svolta».

 

 

 

A proposito di "svolte", sono ormai due anni che è esploso lo scandalo delle nomine lottizzate al Csm. Mi riferisco alla vicenda Palamara. Un commento?

«Dopo tutto questo marasma che ha colpito il Csm mi aspettavo una reazione forte. Invece nulla». Chi doveva intervenire? «Il capo dello Stato, che è anche il presidente del Csm».

Cosa avrebbe dovuto fare Sergio Mattarella?

«Credo che sarebbe stato opportuno che avesse sciolto il Csm. Serviva un intervento convinto».

Palamara dice che le nomine e gli incarichi vengono decisi dalle correnti della magistratura presenti all'interno del Csm. Le correnti sono così potenti?

«Assolutamente. E forse anche il mancato scioglimento del Csm è la prova del potere che hanno le correnti».

È possibile fare qualcosa per arginarle?

«Sorteggiare i componenti del Csm. Non vedo altre soluzioni».

 

 

 

 

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