Qui Genova

Andrea Scanzi & Co, i pataccari rossi smascherati dal giudice: vergogna contro l'ambasciatore "di destra", ko in tribunale

Daniele Dell'Orco

Per una volta le parti si sono invertite. Gli oligarchi del web, che potremmo definire così vista la loro straordinaria potenza persuasiva sui social chiaramente con istanze sempre a senso unico, sono noti per riuscire ad attribuire carica virale ad ogni loro post. Ad ogni loro tesi. Anche la più strampalata. Uno dei volti noti di queste nuove figure di influencer politico-mediatici è senza dubbio Lorenzo Tosa, seguito solo su Facebook da mezzo milione di followers e giornalista con poca verve ma diventato famoso per avere accettato un incarico da ufficio stampa per il M5S (pur non essendo grillino, ma si sa l'opportunità fa gola) ed essersi poi chiamato fuori al momento del fu accordo con la Lega. Da quel momento, è diventato un idolo degli antisalviniani.

 

 

LA CROCIATA - I suoi post, di norma, sono ricchi di retorica, di narrazione buonista, di moralismo e di "wokeness", la "consapevolezza etica" che si autoattribuiscono i fari del progressismo spinto. Sebbene nel suo CV vanti questo e poco altro (nessun grande scoop, nessuna inchiesta degna di nota, nessuna gavetta all'interno delle strutture dei quotidiani) la popolarità social gli ha permesso di diventare direttore di Next quotidiano. Spesso e volentieri, però, viene colto in fallo. Come successo alla sua crociata relativa alla nomina ad Ambasciatore a Singapore di Mario Vattani. Il già console generale ad Osaka, diplomatico di razza, nonché stimato autore di libri, ha ricevuto mesi fa l'incarico dal Consiglio dei Ministri ed era stato immediatamente bersagliato da Tosa e dai campioni della sinistra che sono arrivati addirittura a chiedere al Presidente della Repubblica di revocargli la nomina poiché «inadeguato» per via delle sue idee «di destra». Tosa, in evidente delirio di onnipotenza, convinto che tutto sia un gioco e che le istituzioni di uno Stato democratico possano essere sovvertite a colpi di likes, ha fatto cartello con i compagni di merende Andrea Scanzi, Saverio Tommasi, Tomaso Montanari, Fabrizio Delprete etc. per lanciare una petizione su Change.org e sollevare le masse per esercitare pressione sul governo affinché potesse fare dietrofront.

 

Il tuo browser non supporta il tag iframe

 

Una campagna che stavolta è finita male. Prima il governo, lo scorso giugno, per bocca di un sottosegretario Pd (il viceministro Sereni) ha difeso la sua scelta di fronte all'interrogazione "urgente" presentata dal collega di partito Roberto Morassut (elencando i meriti professionali di Vattani e ricostruendo la complessa vicenda del richiamo da Osaka come sanzione per l'esibizione nel 2011 sul palco di CasaPound nelle vesti del camerata "Katanga"), e un paio di giorni fa il Tribunale di Genova ha disposto la rimozione della petizione e la condanna per Tosa (in quanto promotore primo della missiva) a pagare 7mila euro di spese processuali stabilendo che dovrà corrispondere a Vattani 250 euro al giorno «per ogni violazione o inosservanza successiva dell'ordine impartito o per ogni ritardo nell'esecuzione del presente provvedimento che si protragga oltre i cinque giorni dalla comunicazione della presente ordinanza». Il tutto per via, si legge, del «travisamento e manipolazione di uno specifico fatto storico [una presunta aggressione attribuita a Vattani anni e anni or sono, ndr], con il quale è stata realizzata una distorsione rispetto all'intento informativo dell'opinione pubblica che è alla base del riconoscimento dell'esimente del diritto di critica». Inoltre, la petizione e le narrazioni dei fenomeni del web conterrebbero «prospettazione dei fatti opposta alla verità, in modo tale da gettare discredito sulla persona interessata». Basti pensare che la petizione è sparita (come da sentenza), ma il post di Tosa è ancora lì, e a maggio 2021 dava a Vattani del «naziskin» edel «fascista convinto e mai pentito».

 

 

PORTAFOGLI - Stessi toni nei post dei vari Scanzi, Tommasi, Delprete etc., ma pure stesso impegno sconfessato ora dai giudici da parte del presidente dell'Anpi Pagliarulo e di politici come Nicola Fratoianni, Valentina Cuppi e lo stesso Roberto Morassut. Ora anche un Tribunale sostiene che i nostri, fenomeni di trasparenza, giustizia sociale, onestà intellettuale, superiorità morale, dicano balle. Siccome le balle sui social funzionano, il loro portafogli sarà intaccato lievemente da questa sentenza ma la loro reputazione no, perché tra i replicanti adepti dell'ideologia "woke" le loro narrazioni continuano ad andare per la maggiore. Come consolazione, però, stavolta si può trovare conforto nella giustizia ordinaria.