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Toti, i pm allungano l'inchiesta per far dimettere il presidente

Giovanni Toti

Pietro Senaldi
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Oggi a Genova tocca all’avvocato Andrea La Mattina, rappresentante della Regione Liguria al Comitato dell’Autorità Portuale, sfilare davanti ai magistrati. L’uomo è finito nell’inchiesta perché prima ha votato contro la proroga trentennale della concessione del terminal Rinfuse ad Aldo Spinelli e poi ha cambiato idea. L’accusa sostiene abbia subito pressioni in tal senso da Giovanni Toti ma non si capisce in cosa esse siano consistite nei fatti.

L’inchiesta batte in testa dunque, però non si sa se questa sia una buona o una cattiva notizia per il presidente della Liguria da oltre tre settimane agli arresti. Si pensava infatti fino a pochi giorni fa che la Procura chiudesse l’attività investigativa prima dell’estate, e quindi si preparasse a revocare gli arresti domiciliari a Toti, venendo meno, a indagine conclusa, ogni minimo pericolo di inquinamento delle prove.

 

 

 

Dagli organi di stampa più vicini alle toghe inquirenti però è filtrata la notizia che i tempi si starebbero allungando e che probabilmente i pm continueranno a indagare fino all’autunno. Questo agita lo spettro di un mantenimento degli arresti sine die per il presidente. Il sospetto è che, mancando la pistola fumante che inchioda il presidente, la Procura voglia tenere ancora tutto aperto nella speranza di trovarla o, più plausibilmente, di far collassare politicamente la giunta regionale, da tre settimane costretta ad andare avantisenza la guida del governatore. Quanto potrà reggere questa situazione in Regione, e a Roma, una volta che saranno passate le elezioni Europee e le segreterie di partito metteranno testa sul dossier Liguria?

La sinistra batte il chiodo e chiede a Toti un gesto di responsabilità: farsi da parte per liberare la Regione dall’impasse. La giunta del presidente però tiene e vorrebbe continuare a oltranza, salvo contrordini romani. Per quel che si sa, il governatore sembra intenzionato a restare al suo posto a qualsiasi costo. Se qualcuno dal centrodestra insistesse perché molli, significherebbe che i destini di una Regione sono nelle mani di una Procura, che può perpetuare a piacimento la detenzione di un indagato a prescindere da effettive ragioni di inchiesta.

Per assurdo, se in Liguria le elezioni del prossimo fine settimana andassero bene per i partiti che compongono la giunta di maggioranza, il centrodestra potrebbe decidere di far dimettere Toti e giocarsela con la sinistra sulla presidenza. Ma sarebbe un gioco molto pericoloso. Sono pensieri che frullano nella testa di tanti in questi giorni. Anche dell’avvocato di Toti, Stefano Savi, che non ha ancora deciso quando presentare l’istanza di revoca degli arresti domiciliari per il suo assistito. La tempistica nelle aule dei tribunali, come nei corridoi della politica, spesso può essere più decisiva del merito delle questioni.

 

 

 

Hanno invece chiesto l’attenuazione della misura cautelare i legali di Paolo Emilio Signorini, l’ex presidente dell’Autorità portuale di Genova nonché ex amministratore delegato di Iren in carcere per corruzione dal 7 maggio. Gli avvocati Enrico e Mario Scopesi hanno depositato la richiesta di domiciliari dopo l’interrogatorio di lunedì. Ai pm Signorini aveva detto di avere ricevuto telefonate da Toti per accelerare la pratica del Terminal Rin fuse sostenendo che era però una cosa «normale visto che la pratica era del 2019».

 

 

 

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