Nei primi mesi del 2026 (tra marzo e aprile) gli italiani saranno chiamati a dire Sì o No alla riforma della giustizia. È l’appuntamento che farà da fionda per il finale della legislatura e le elezioni del 2027. È partita una campagna piena di menzogne, la più grossa dice che il governo vuole controllare i magistrati, punta ai «pieni poteri», una balla colossale. Non c’è una sola riga. Negare, sopire, mentire è il mantra del partito delle toghe e dei suoi “aficionados”.
Quando c’è qualcosa che svela il pre-giudizio della magistratura, il silenzio è la reazione immediata, come è accaduto ieri sull’articolo di Fausto Carioti (che oggi concede il bis) che ha rivelato la faziosità del “metodo” usato dai magistrati della Corte dei Conti durante le audizioni sul Ponte sullo Stretto. Il giorno dopo, neppure uno stormir di fronda, tutto tace. Era il 1° novembre, è calato il silenzio tombale. Non mi aspettavo nient’altro. Chi tocca i fili prende la scossa, dunque meglio tacere. Il conformismo, il timore di subire conseguenze sulla carriera, il clima paludato che domina da sempre nella magistratura, trovano un’ulteriore prova oggi nell’articolo d’apertura di Libero.
Simone Di Meo racconta che molti magistrati favorevoli alla separazione delle carriere hanno il timore di schierarsi pubblicamente. A quelli che parlano, che argomentano il loro sostegno alla riforma, va riconosciuto il coraggio. C’è bisogno del loro impegno, le pagine di Libero sono aperte al loro contributo. E c’è bisogno della voce dei riformisti che non fanno parte del mondo conservatore, ma riconoscono il lato positivo della riforma. Qualche sera fa ero con Claudio Martelli a “4 di Sera”, il programma tv di Paolo Del Debbio, e l’ex ministro della Giustizia, un uomo di sinistra, ha confermato che voterà Sì al referendum. Martelli è un uomo saggio, non è un caso isolato, tra i progressisti ci sono posizioni favorevoli che il centrodestra deve valorizzare. E deve farlo uscendo dai confini degli schieramenti.
Un referendum confermativo, senza quorum, ha bisogno di voti per essere vinto, il centrodestra deve allargare il suo raggio d’azione, deve portare ai seggi il suo popolo e parlare anche a chi non è un militante, non ha mai votato dall’altra parte, ma è sensibile all’impegno per una giustizia giusta. Per questo i partiti della maggioranza devono preparare una campagna diversa da tutte le altre che abbiamo visto negli ultimi tre anni: deve rapidamente far nascere i comitati referendari per il Sì, organizzare una campagna capillare sul territorio, essere presente online con un messaggio chiaro (essere influencer e non follower), senza sconfinamenti di singoli che non conoscono i temi, individuare dei testimonial e dei portavoce, trovare il tono giusto (non contro, ma per), alimentare un dibattito informato, smontare punto per punto le bugie della sinistra e dell’Anm. Sarà una campagna del vero contro il falso, una battaglia di civiltà.