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La sadica Merkel allo stadioper gustarsi la tragedia greca

Dopo la mazzata economica che ha inflitto agli ellenici, Angela sarà a Danzica per assistere alla partita

Lucia Esposito
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  Prima li ha spremuti come limoni, ora li vuole asfaltare anche sul campo di calcio. Frau Merkel - paladina dell'Europa taglia e uccidi - dopo aver assistito impassibile alle difficoltà altrui dalle segrete stanze della Cancelleria, ora dal bordo campo di Danzica (Danzica!) è intenzionata ad assistere, e magari a gioirne, ai quarti di finale degli Europei. Sul campo domani è in programma un imperdibile match Grecia-Germania. Trasposizione calcistica di una partita finanziaria interminabile. E neppure il già programmato vertice romano - organizzato da tempo con Mario Monti - ha minimamente sconvolto l'agenda della signora di ferro della Germania oltranzista. Anzi, la Merkel ha chiesto e ottenuto l'anticipato in mattinata dell'incontro di Roma con il Professore che vorrebbe Berlino un po' più conciliante con gli Stati in difficoltà, per poi partire nel primo pomeriggio alla volta della Polonia.  Supporter sfegatata Zeus Angela (nella fonetica tedesca il nome della Cancelliera perde anche quel po' di dolcezza inserendo un fonema duro come la pietra: Anghela) veste i panni della paladina dei conti in ordine, ma anche quelli  della supporter sfegatata. Anche questa volta il Fato - divinità della mitologia greca a cui neppure Zeus poteva opporsi - gioca strani scherzi. L'ironia dello scontro di domani a Danzica (perché non è solo una partita), è in questo match Grecia-Germania che l'intreccio del calendario ha partorito beffandosene dei nein ripetuti dopo gli infiniti appelli alla clemenza che si sono levati negli ultimi mesi dal Partenone.  Anghela, l'inflessibile, vuole fare la supporter ma rischia di passare per il più temibile degli hooligan. Ha già fatto sputare ai greci impegni e cambiali per centinaia di miliardi di euro (il piano di rientro durerà trent'anni), entro il 2012 dovrebbero essere licenziati almeno 150mila dipendenti pubblici, le zitelle elleniche non avranno più l'assegno sociale e i proprietari di case dovranno fare i conti con le nuove tasse pena il taglio a stretto giro della fornitura di corrente elettrica. E ora si accomoda in tribuna d'onore per una partita il cui esito - miracoli a parte - pare piuttosto scontato per le forze calcistiche in campo: la vittoria dei greci è data 9 a 1. Malmessi d'Europa Quando gli undici della nazionale germanica scenderanno in campo - un campo polacco, sia inteso - si troveranno contro non solo la nazionale di Atene, ma tutti i malmessi d'Europa. I polacchi, tradizionalmente, non amano i vicini teutonici, retaggio di antichi dissapori stratificati nei secoli e culminati nell'ultima guerra. Ma anche gli spagnoli, gli italiani, ovviamente i greci che stanno pagando a fatica la cambiale europea maledicendo l'adesione all'Unione europea e l'ingresso (un po' truffa) nella moneta unica. La dracma, andata in pensione come la lira, consentiva al Paese ellenico spese pazze (come la pensione statale alle zitelle senza marito e quindi senza reddito), ma anche di godersi la primogenitura storica, un patrimonio ambientale, artistico e paesaggistico invidiabile. Gli uni contro gli altri Ora la crisi finanziaria - e uno spread teutonico inappellabile e inclemente - ha spazzato via la bella vita in salsa di yogurt. È rimasto solo un conto infinito da pagare a creditori avvelenati che battono cassa. La Grecia è il laboratorio politico dell'Europa debole, con tanto debito e poco Pil. La Germania, di contro, è l'icona dell'efficenza e della produttività, dove la ricchezza prodotta ha davanti il segno più ad onta (ed a scapito) dei soci dell'Ue.  Al quarto di finale dell'Europeo non scenderanno in campo soltanto due formazioni di atleti, ma due visioni difformi di Europa. Una, se volete, più blanda e fatalista. Un'altra rigorista e un po' Panzer. L'equilibrio di bilancio - un numerino in fondo ad una sfilza di numeroni da far girare la testa -, insomma, è diventato più importante delle persone. E della sostenibilità effettiva del rigore contabile.  Shopping multietnico 'è poi da osservare che nella formazione che la Germania schiererà in campo, qualche nome non proprio teutonico spicca. Come Mario Gomez (padre andaluso, madre tedesca), punta dell'attacco della squadra messa in riga dall'allenatore Joachim Loew. Certo tutta la difesa è tedesca che più tedesca non si può (Bender, Hummels, Badstuber e Lahm). Però basta arrivare al difensore centrale Rani Khedira (papà tunisino, mamma tedesca), per intuire lo shopping multietnico della nazionale di calcio teutonica. E che dire dell'attaccante di origini turche Mesut Özil (quella turca in Germania è la maggiore comunità nel mondo fuori dal Paese con ben 2,7 milioni di persone)? Oppure del fantasista Lukas Podolski (polacco di nascita ma naturalizzato tedesco)?  Difesa made in Germany Insomma, per stendere i greci - anche sul campo - il tecnico della nazionale Loewe potrà contare su una difesa made in Germany, ma per sfondare le linee greche della difesa (calcistica) dovrà far conto su un diamante multietnico europeo. E se le recenti elezioni nei Laender hanno sempre visto perdere la Merkel, non amata in Europa ma neppure in patria, Loew  ha sulla carta maggiori chance di vittoria. E di sicuro più consensi. Gomez addirittura è in pole position nelle scommesse per il titolo di capocannoniere di questi Europei. Forse c'è un po' di sadismo e di Fato anche nella tempestiva e contestuale formazione del nuovo governo di Atene. E nell'altrettanto tempestiva telefonata di congratulazioni che frau Merkel ha concesso al  neo-premier greco Antonis Samaras. Anghela ha anche invitato Samaras a Berlino per una visita di Stato. E non certo per discutere dei risultati di questa partita tanto simbolica. Forse si tratta solo di una partita di pallone. Però che soddisfazione immaginare gli undici tedeschi inseguire gli undici greci. E una volta tanto non per fargli pagare il conto. Di certo il ct Loew ha fatto, in campo, una figura migliore della Cancelliera che ai vertici di alta finanza non ha combinato molto. Se non dire sempre “no”, “forse no”, “magari no”. di Antonio Castro  

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