L'anti-spending review milanese

Abbuffata a casa Pisapia:in un anno 300 consulenti

Matteo Legnani

C’è un’immagine che, guardata oggi, spiega il «metodo» arancione più dei contratti e delle proteste dei lavoratori precari del Comune. È la notte del 30 maggio 2011, e il conto delle schede dopo il ballottaggio ha spianato la strada di Palazzo Marino a Giuliano Pisapia. L’avvocato, entusiasta, sale sul palco del teatro Elfo di corso Buenos Aires per salutare i suoi elettori. Alla sua destra c’è Paolo Limonta, il fido collaboratore in grado di tessere in campagna elettorale i rapporti con i centri sociali e le frange antagoniste; al fianco sinistro - spilla arancione e lasciapassare dello «staff» in vista - c’è Alessandro Pollio Salimbeni, funzionario di Sel in consiglio regionale. Passa qualche mese e, oplà, il festante Pollio Salimbeni viene assunto in Comune come direttore centrale del settore Attività produttive e marketing territoriale. Un ruolo dirigenziale da 137mila euro lordi all’anno assegnato legittimamente, ma che stona di fronte al ritornello sul «merito» e il «vento nuovo» che sarebbe dovuto soffiare in Comune dopo il trionfo del centrosinistra. Paolo Limonta, nel frattempo, diventa il responsabile dell’«ufficio per la città» (incarico che svolge gratuitamente). Altro che «valorizzazione delle risorse interne». Mentre gli atipici si dicevano scaricati dal sindaco, la giunta non ha esitato nell’affidarsi a una flotta di consulenti esterni. Collaboratori, incarichi, avvocati, tecnici, ingegneri, avvocati esperti di derivati. Tanti, tantissimi contratti.  La pubblica amministrazione può avvalersi di personale esterno per «il perseguimento di obiettivi predeterminati e lo svolgimento di determinati compiti». Dall’insediamento di Giuliano Pisapia, gli incarichi extra sono stati 233, numero ritoccato verso l’alto dalle ultime 5 assunzioni del mese di luglio. L’esercito comprende collaudatori di parcheggi e portavoce, progettisti ed esperti nelle pubbliche relazioni. Nel gruppone - insieme ai tecnici -c’è l’ex numero uno dei «giovani per Pisapia» finito alle Politiche giovanili, l’ex ufficio stampa Pd incaricata di promuovere le mostre di Boeri a 7mila euro al mese, perfino il vignettista di fiducia chiamato a disegnare i cani durante gli eventi a quattro zampe del Comune. A questi vanno aggiunti i collaboratori assunti grazie all’«articolo 90» degli enti locali, che permette di inserire personale «di fiducia» all’interno della pubblica amministrazione: delibera dopo delibera, il coordinamento dei precari ha messo in fila 70 assunzioni senza concorsi pubblici né selezioni interne. Di questo secondo drappello fanno parte alcune delle scelte più contestate anche all’interno della maggioranza: gente catapultata dai circoli Pd all’assessorato alle Politiche sociali, oppure dj finiti all’assessorato alla Cultura dopo aver organizzato i «concertoni» della campagna elettorale. Tutto in regola, fino a prova contraria. Il problema, che ha indignato anche i sindacati del Comune, riguarda le dimensioni  del fenomeno: in poco più di un anno, gli incarichi esterni hanno sfondato quota 300. Escludendo i sabati e le domeniche, si tratta di un assunzione di colaboratori o consulente al giorno. Per le casse di Palazzo Marino, si tratta di un peso non indifferente: 3 milioni dai 70 «articoli 90», almeno altri 3 milioni dagli incarichi esterni. Il tutto in un quadro di spending review mancata con un bilancio ingrossato da 215 milioni di spese in più rispetto al consuntivo 2011. «Abbiamo tagliato gli incarichi rispetto alla gestione precedente» si difende da mesi la direzione generale del Comune. L’ex sindaco Letizia Morati, per il numero di contratti e il peso degli stipendi, finì oltretutto nel mirino della Corte dei Conti durante il suo mandato. Dallo scorso mandato, però, sono diminuiti gli assessori (passati da 16 a 12) e soprattutto era ancora all’orizzonte la crisi economica con i conseguenti tagli monstre agli enti locali. «Dalla giunta Pisapia mi sarei aspettato una valorizzazione dei precari» dice Fabrizio De Pasquale (Pdl), «invece colpisce il numero di persone entrate in Comune dopo aver partecipato alla campagna elettorale. Si tratta di una politica di clientelismo, che comprende anche i contributi dati alle associazioni “amiche”. Purtroppo sono aumentate le tasse e sono diminuiti i servizi». A gennaio il presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo prese carta e penna per comunicare al sindaco il suo mal di pancia: «Non possiamo dare l'impressione che in Comune vengano assunte persone per la loro vicinanza a chi ha vinto le elezioni». Sono passati sette mesi, ma il flusso di assunzioni continua di Massimo Costa