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Chattava su Facebook in ufficioLicenziata per calo di rendimento

La dipendente di un'azienda commerciale si tratteneva al lavoro oltre l'orario. Ma invece di sbrigare pratiche si dilettava con i Fb

Nicoletta Orlandi Posti
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  di Alessandra Mori C'era da scommettere che il lavoro per lei fosse quasi più importante della vita privata. Altrimenti come spiegare il suo restare incollata al pc ben oltre l'orario d'ufficio e quelle frequenti presenze alla scrivania anche al sabato mattina, quando l'azienda era chiusa? Una ragazza, trent'anni, con funzioni e responsabilità di livello medio-alto in un'azienda commerciale del Padovano, da prendere d'esempio. Una dipendente modello. Se non che, a guardarla bene, qualcosa non tornava. Perché più che concentrata appariva divertita: risate ed euforie improvvise che poco si conciliavano con le pratiche da sbrigare e ancor meno col suo progressivo calo di produttività. Ma erano invece in perfetta sintonia con il suo intrattenimento sui social network.  Quando i datori di lavoro se ne sono accorti l'hanno licenziata. «Il problema con la dipendente», ha spiegato l'avvocato Patrizio Bernardo, legale di diritto del lavoro, al Corriere di Padova, «è emerso nel 2011. Abbiamo transato pochi mesi fa». Di fatto azienda e impiegata hanno trovato un accordo e alla donna è stata riconosciuta una sorta di buona uscita, pari a un tot di mensilità. Accordo, tra l'altro, che sta diventando la regola in questo tipo di cause, piuttosto complicate e molto frequenti dato che ormai Facebook, Twitter e amici virtuali hanno invaso la nostra vita. Una tendenza che sta prendendo piede anche in Italia e che negli Usa è  all'ordine del giorno: secondo l'ultimo studio dell'americana Proofpoint, l'8% delle società intervistate dichiara di aver licenziato dei dipendenti per colpa di Facebook e il 17% di aver effettuato dei richiami disciplinari per lo stesso motivo.  Guai connessi non solo all'uso dei social in orario di ufficio, con conseguente calo di rendimento, ma anche ai commenti negativi sull'azienda riportati su Fb dai dipendenti, fino all'uso di chat e simili quando magari ci si è dati malati perché non si riusciva a stare davanti allo schermo del pc per una forte emicrania.  E se le aziende corrono ai ripari divulgando disciplinari interni con le indicazioni per l'uso corretto di internet e social network sui luoghi di lavoro, resta da capire come e se possano intervenire, ad esempio, sugli smartphone personali dei dipendenti, costantemente collegate alla rete. Come conciliare esigenze produttive e sicurezza del lavoro con privacy e divieto di controllo a distanza dei dipendenti è un problema aperto e sempre più attuale.  

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