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La Cassazione apre ai figli per i gay"Bimbi vivono bene in una coppia omo"

La donna ha ottenuto l'affidamento esclusivo del figlio che il padre rifiutava perché l'ex moglie conviveva con un'altra donna

Nicoletta Orlandi Posti
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La Cassazione apre ai figli nelle coppie gay, mettendo nero su bianco che non è altro che un "mero pregiudizio" sostenere che "sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale". In particolare, la Prima sezione civile (sentenza 601)   si è così espressa affrontando il caso scatenato da una causa di affidamento tra un uomo di religione islamica E.T. S. che aveva avuto un figlio con una donna italiana I.B., residente a Brescia, che successivamente era andata a convivere con un'amica. L'uomo, in Cassazione, ha contestato l'esclusivo affidamento del  figlio accordato alla madre dalla Corte d'appello di Brescia (26   luglio 2011), sulla base del fatto che il bimbo era inserito in una famiglia gay per cui avrebero potuto esserci "ripercussioni negative sul bambino". A suffragio di questa tesi, la difesa dell'islamico ha citato l'art.29 della Costituzione sui 'diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio'. La Cassazione ha respinto il ricorso del padre e ha evidenziato che alla base delle lamentele "non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale". In questo modo, annota ancora la Prima sezione civile presieduta da Maria Gabriella Luccioli, "si dà per scontato ciò che invece è da   dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che comunque correttamente la Corte d'appello ha preteso   fosse specificamente argomentata". Il Tribunale per i minorenni di Brescia aveva già disposto l'affidamento esclusivo del figlio minorenne alla madre con incarico ai servizi sociali di regolamentare gli incontri del minore con il padre, da tenersi "con cadenza almeno quindicinale". Dalla sentenza si evince ancora che la donna, ex tossicodipendente, ha imbastito una relazione sentimentale e convive con una ex educatrice della comunità di recupero in cui era stata ospitata.  

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