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La Dc, romani e romanisti: l'addio a Giulio Andreotti

La bara di Giulio Andreotti

I funerali del sette volte presidente del Consiglio a Roma, nella chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini

Andrea Tempestini
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  Ad accompagnare Giulio Andreotti nel suo ultimo viaggio, oltre alla famiglia e agli amici, c'era ciò che resta della Dc e i colori giallorossi della Roma. I congiunti avevano   scelto un funerale in forma privata, senza la solennità delle esequie di Stato e il corteo di personalità che certo non sarebbero mancate: il divo Giulio ha attraversato mezzo secolo di politica nazionale e internazionale. Riunione Dc - Nella chiesa di san Giovanni Battista dei Fiorentini, a due passi dall'abitazione di corso Vittorio Emanuele, si sono comunque ritrovati gli amici dello scudocrociato, quelli più vicini alla sua generazione come Arnaldo Forlani, Nicola Mancino, Paolo Cirino Pomicino, Franco Marini e i più giovani come Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Rotondi. Ma in piazza dell'Oro, sul sagrato di fronte alla Chiesa, si sono dati appuntamento tanti curiosi e ammiratori del Divo Giulio, ognuno con un ricordo da raccontare, una storia, un aneddoto. I cartelli - C'era pure chi si era portato dietro un cartello che lo celebrava: "Grande Giulio non ti dimenticheremo mai" e chi invece ne mostrava un altro che ricordava l'altra faccia dell'ex leader Dc. "Belzebù non c'è più - recitava la scritta - con tante ombre e poche luci". A rappresentare l'assemblea di palazzo Madama, dove Andreotti aveva trascorso i suoi ultimi anni di impegno politico come senatore a  vita, il presidente Pietro Grasso. Passione Roma - Poco più in là Mario Monti e sparsi nelle prime file Clemente Mastella, Lorenzo Cesa, Gianni Letta, Franco Carraro, Andrea Riccardi, Roberto Formigoni, Gianni De Michelis, Maurizio Lupi e il sindaco Gianni Alemanno. Immancabile il vecchio amico Giuseppe Ciarrapico. Insieme avevano condiviso la passione per la Roma   (Ciarrapico è stato anche presidente della società capitolina) e la Roma, ora guidata da una proprietà americana, non si è dimenticata del suo tifoso doc. Roma e Bongiorno - Da Trigoria era giunta una rappresentanza delle squadre giovanili con tanto di stendardo della società e una corona di fiori,  naturalmente in tinta con i colori sociali. La commozione non ha dato tregua a Giulia Bongiorno, l'avvocato che difese Andreotti nel processo di Palermo dall'accusa di associazione mafiosa. "Le persone povere, più semplici o in difficoltà si rivolgevano a lui - ha raccontato al termine della funzione - e lui non gli faceva mai mancare un gesto di comprensione o una parola di conforto. Quando ne sento parlare, un po' mi arrabbio e un po' sorrido perché capisco che tanta gente non lo conosceva per quello che era davvero".  

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