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Pubblico impiego, al Senato la norma salva-dipendenti: i licenziati riassorbiti in altre società dello Stato

Il codicillo voluto dal ministro D'Alia. Gli esuberi dei carrozzoni indebitati non perderanno mai il posto

Roberto Procaccini
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Il posto pubblico è come un diamante: per sempre. A sancire l'intoccabilità dei dipendenti statali (ma anche di società regionali, partecipate e affini) è una norma spuntata nel decreto pubblico impiego in discussione al Senato. Il codicillo (voluto da Gianpiero D'Alia, ministro della Funzione Pubblica in quota Scelta Civica) dispone che il personale eccedente in una società pubblica possa passare senza colpo ferire alle dipendenze di un'altra, a patto che quest'ultima abbia preventivamente inserito nel proprio piano industriale l'incremento della forza lavoro. Unica condizione preliminare è che le due aziende che si scambiano personale abbiano lo stesso azionista. Incluse nella norma anche le aziende partecipate. Insomma, mentre il ministro per gli Affari Regionali Graziano Del Rio studia un provvedimento per il quale anche le municipalizzate in dissesto possano chiudere, un altro membro delo stesso esecutivo dispiega il paracadute per gli impiegati pubblici che rischierebbero così il posto. Un po' di numeri - A mettere il dito nella piaga della norma salva-dipendenti pubblici è Sergio Rizzo sul Corriere della Sera. Mentre un'azienda privata in difficoltà, spiega, è obbligata a mettere i propri impiegati in cassaintegrazione (quando può) o fuori la porta (più spesso), il ministro D'Alia sancisce l'illicenziabilità dei lavoratori del settore pubblico. Si tratta di una norma che riguarderebbe i 250mila dipendenti (38mila in posizioni apicali) delle 6mila società pubbliche. Carrozzoni che, nelle sole regioni meridionali, hanno accumulato 158 milioni di debiti. Ma che non saranno mai chiamate a tagliare il personale, in pratica.

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