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Immigrati, il risultato di una ricerca scientifica italiana: la verità sul razzismo

Alessandra Menzani
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Tra una famiglia di immigrati e una di italiani, entrambe con relativa prole, pensi che debba avere priorità nell' accesso all' alloggio popolare la seconda? Hai fatto tuo lo slogan del centro-destra «prima gli italiani»? Suscita in te maggiore partecipazione emotiva la vista di un mendicante italiano per strada piuttosto che di uno africano? Non ti preoccupare: non sei razzista. La tua superiore sensibilità nei confronti di chi ha la tua stessa etnia non è colpa tua, né di Matteo Salvini, come sostiene Laura Boldrini, che attribuisce al primo la responsabilità dell' inasprimento di uno spirito di intolleranza nei confronti degli immigrati accolti e mantenuti dal nostro Stato. Ad essere «non politicamente corretto» non sei tu, è il cervello umano. E a dirlo è la scienza. Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell' Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con l' Università di Urbino e l' Ospedale Niguarda di Milano, e pubblicato nel 2016 sulla rivista scientifica «Neuroscience», l' empatia nei confronti di chi soffre è più forte se chi prova dolore appartiene alla nostra stessa etnia. Si tratta di un istinto primordiale ed incontrollabile, che tuttavia con uno sforzo cerebrale può essere gestito, al fine di portarci ad uniformarci alla morale dominante, quella politicamente corretta. L' esperimento condotto dai ricercatori è stato molto semplice: 25 partecipanti bianchi sono stati fatti sdraiare all' interno di un macchinario di risonanza magnetica e sono stati sottoposti alla visione di video di qualche secondo nei quali apparivano attori dai tratti caucasici o africani, le cui mani venivano punte con un ago (finto) o toccate con una gomma. Tramite una piccola tastiera i partecipanti giudicavano l' intensità del dolore provato dalle persone punte dall' ago o toccate dalla gomma. Dall' esame è emersa una evidente predisposizione ad avvertire maggiore compenetrazione nei confronti degli individui della propria etnia. Gli studiosi hanno anche notato che alcuni partecipanti all' esperimento consideravano la sofferenza patita dai bianchi e dai neri di uguale intensità, fornendo così una risposta «politicamente corretta», tuttavia utilizzavano un tempo più lungo per valutare il dolore degli attori di colore. Insomma, riconoscendo gli appartenenti alla nostra medesima etnia come più simili a noi, diventa più facile per il nostro cervello l' immedesimazione. Questa sarebbe, secondo i ricercatori, una risposta primitiva, che con il tempo si è andata affievolendo ma che tuttora resiste e che, nonostante un' educazione continua improntata al buonismo e al conformismo etico, diventa difficile mitigare a causa delle forti tensioni sociali che affliggono la nostra società. di Azzurra Noemi Barbuto

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