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Spesa libera, ecco come scoprire gli alimenti pericolosi

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Maria Pezzi
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L' allarme scattato sul minestrone Findus e più di recente sul prosciutto cotto Fiorucci per possibile contaminazione da Listeria Monocytogenes, un batterio che può provocare gravi infezioni e addirittura la meningite, ha riportato d' attualità il tema dei ritiri di alimenti dal commercio che scattano di solito su comunicazione del produttore e dopo la pubblicazione sul portale del Ministero della Salute (Salute.gov.it) del relativo avviso. Il meccanismo è collaudato e funziona: in poche ore i lotti contaminati vengono ritirati dal commercio. Semmai c' è il problema di quelli già venduti perché non ci risulta che l' acquirente venga contattato e invitato a riconsegnare il prodotto al supermercato presso il quale l' ha comperato. Nel caso dei minestroni Findus surgelati - in tutto i lotti ritirati sono stati quattordici - il rischio per la salute dei consumatori era quasi soltanto teorico, dal momendo che la cottura del mix di verdure surgelate uccide i batteri eventualmente presenti nella confezione. ALLERGENI IN GUSCIO -Ma a far partire l' allarme non sono soltanto le contaminazioni batteriche, anche se rappresentano una fetta consistente dei 109 stop ad altrettanti lotti scattati solo dall' inizio dell' anno. Molto frequente è la presenza, non dichiarata in etichetta di allergeni quali i cereali o la frutta in guscio, ad esempio nocciole o pistacchi. Ma si verificano pure casi limite, come quello della Bevanda Kombucha al Tè verde, prodotta dalla francese Biogroupe in Bretagna, ritirata per «rischio fisico». Infatti, è il produttore stesso a dichiararlo, si è riscontrato un «difetto nella chiusura del tappo che rischia di stapparsi violentemente diventando un potenziale proiettile». Uccisi da una bibita: può succedere anche questo. Un caso simile anche se meno pericoloso, è stato quello del caffè Illy, ritirato sempre per un rischio fisico: «possibile brusco distacco del coperchio del barattolo in fase di apertura». Fece clamore verso la metà di giugno l' allarme per l' acqua minerale San Benedetto, bloccata per «rischio chimico»: in un lotto, precisamente il 23LB8137E, era stata riscontrata la «presenza consistente di contaminanti idrocarburici» con «prevalenza di xilene, trimetilbenzene, toluene ed etilbenzene». La contaminazione si è verificata fuori dallo stabilimento di produzione. DOP, IGP E BIO - Nell' elenco degli alimenti fermati non mancano quelli a indicazione geografica, come il Ciauscolo Igp della Vissana Salumi e il Pecorino Toscano Dop Pascoli Italiani. E neppure le specialità biologiche: i semi di cumino bio Nuova Terra. Resta un grande interrogativo aperto: come devono comportarsi i consumatori? Stante l' efficienza nel sistema di allerta, oramai sono infrequenti i casi di intossicazioni o peggio infezioni batteriche provocate dai cibi ingeriti. Ma resta tuttora scoperto l' ultimo miglio percorso dall' alimento potenzialmente pericoloso, quello compiuto per finire nella dispensa o nel frigorifero dei consumatori. Su questo tratto della catena la capacità di intervento è quasi nulla, anche se le consegne della grande distribuzione, potrebbero associare la confezione sottoposta a ritiro al singolo acquirente, ove quest' ultimo fosse dotato di carta fedeltà. Ignoro la complessità dell' operazione e se si sia già verificata. L' unico sistema per essere informati resta la consultazione quotidiana del portale Salute.gov. it, anche se i consumatori con una conoscenza del web sufficientemente approfondita, possono installare programmi in grado di controllare con una frequenza prestabilta l' aggiornamento della pagina web del Ministero. È il caso del vecchio Notipage e del più recente Mercury Site Monitor. Manca tuttora una App per cellulare che svolga questa funzione. riproduzione riservata L' Authority francese per la concorrenza e la sicurezza alimentare ha presentato i risultati di una indagine a tappeto sulle spezie commercializzate nel Paese. Sconcertanti i risultati. In oltre un caso su due sono state riscontrate irregolarità. In testa c' è lo zafferano con l' 81% dei campioni esaminati fuori norma, seguito da paprika e peperoncino (54%), curry e curcuma (41%). In circa un quarto dei casi gli ispettori hanno rilevato anomalie riguardanti la qualità, ad esempio la presenza di altre spezie oppure di ingredienti non dichiarati in etichetta. Per approfondire leggi anche: Listeria, ritirato il prosciutto: cosa si rischia PIERANGELO BOATTI - L' Italia della vitivinicoltura continua ostinatamente a parlare da anni di binomio vino-territorio. Qualcuno è riuscito a svilupparlo ma i più, soprattutto i territori di matrice rurale, sono rimasti al palo. Succede in un' Italia che ultimamente pensa esista solo l' export, perdendo in qualche caso di personalità entro i confini nazionali. Facciamoci una domanda: ci accontentiamo di briciole di utile netto oltre confine oppure torniamo a parlare, ognuno con la propria identità, anche ai consumatori italiani? Qualcuno obietterà che non ci sono più gli intenditori, che il vino messo ogni giorno a tavola dal nonno non è più una consuetudine di famiglia e tante altre belle storie. In verità credo che se gli imbottigliatori portano nella grande distribuzione vini di qualità, venduti alla metà di una birra artigianale di formato più piccolo, sia necessario dare una sterzata. Nella grande distribuzione si vende cara la birra e si regala il vino. Perché? I produttori di filiera devono riprendersi il mercato e riposizionarsi con un nuovo marketing, altrimenti non basterà alcuna pubblicità e alcun evento. La prima immagine è il prezzo di posizionamento a scaffale, la seconda è la capillarità che dai alla tua alta gamma (se ne hai una), la terza è il messaggio che associ alle tue produzioni. Sì, l' avete capito: io odio il vino commodity, quello che viene praticamente venduto al prezzo dell' uva e serve per riempire il serbatoio di qualche speculatore che finge di amare il territorio e la sua gente per poi svilirne il profilo in ogni dove. In Italia per far crescere il binomio vino-territorio occorre comunicare reputazione e proporsi a valore, avendo il coraggio di fare scelte precise. Basta con questo sentirsi schiavi delle mega aziende imbottigliatrici: se fai vini da pochi soldi varrai sempre pochi soldi. In Oltrepò Pavese lo diceva, in un' altra epoca storica, il Duca Antonio Giuseppe Denari, padre nobile di La Versa e del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese. Lui era un grande illuminato: voleva solo viticoltura di collina, puntava a competere con i migliori del mondo, vedeva nel Metodo Classico Pinot nero (in Oltrepò una certezza dal 1865) l' icona di una terra degna della Champagne francese. L' Italia del vino dovrebbe rileggere il pensiero di Denari, nell' anno che segna il decennale della sua prematura scomparsa. Vino-territorio? Si parte dal non svendersi. di Attilio Barbieri

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