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Ponte Morandi, il crollo a Genova: sono a rischio il 60 per cento dei viadotti italiani

Cristina Agostini
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L'Italia è attraversata da viadotti e ponti come il Morandi, crollato ieri 14 agosto a Genova (39 le vittime accertate). Ponti sui quali ogni giorno passano migliaia di macchine e mezzi pesanti. E molto spesso si tratta di infrastrutture vecchie, che hanno più di 50 anni. Sono perlopiù realizzati in cemento armato, che nei decenni si usura diventando pericolosissimo. Quello di Genova è il terzo crollo dal 2017: ce n'era stato uno sulla A14 vicino ad Ancona e l'altro vicino a Cuneo. Prima ancora uno vicino a Lecco. Leggi anche: Salvini, la rabbia dopo la strage di Genova: "Per il crollo del ponte la pagheranno cara" "Negli anni '60 non si metteva in conto che il cemento armato si degrada", spiega al Corriere della Sera Diego Zoppi, membro del Consiglio nazionale degli Architetti. "Ormai la sequenza di crolli sta assumendo un carattere di preoccupante regolarità - continua Antonio Occhiuzzi, del Cnr - perché decine di migliaia di ponti italiani hanno superato la durata di vita per la quale sono stati progettata, il Ponte Morandi è un caso di scuola: non c'è niente di eterno". A rischio c'è un altro ponte progettato da Riccardo Morandi, ad Agrigento, chiuso per timore di crolli dal 2017 (altri due sono a Firenze e Catanzaro). Ma a rischio è il 60 per cento dei viadotti. Una cifra mostruosa. "A preoccupare di più sono proprio i cavalcavia delle Province, che dal 2014 non hanno più i fondi per manutenzione e investimenti", denuncia Milena Gabanelli, quindi i controlli si fanno "a vista". 

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