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Giorgia Benusiglio: "Per una pastiglia di ecstasy mi hanno trapiantato il fegato"

Giulio Bucchi
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Ciò che ci appare privo di senso è più difficile da accettare. Ecco perché abbiamo bisogno di dare un significato a quanto di doloroso ci accade. Eppure, a volte, neanche questa operazione ci solleva e allora cerchiamo di trasformare la nostra esperienza in dono, mettendola a disposizione degli altri. È ciò che ha fatto la trentaseienne Giorgia Benusiglio, che da 12 anni gira scuole, piazze e carceri di tutta la penisola per sensibilizzare ragazzi ed opinione pubblica sui gravi pericoli che comporta l' uso, anche sporadico, di sostanze stupefacenti. Per Giorgia, che ha da poco dato alla luce il suo secondo libro Io non smetto, la vita è uno sballo, edito da Piemme (17 euro), dialogare con i giovani è una missione, poiché, quando era appena diciassettenne, a causa dell' assunzione di mezza pastiglia di ecstasy contenente veleno per topi e piombo, è entrata in coma epatico rischiando di morire. Si è salvata solo grazie ad un trapianto tempestivo di fegato. «Mi restavano poche ore di vita, stavo per entrare nel coma irreversibile. Sono stata la prima paziente in Italia a superare un' epatite tossica fulminante conseguente al consumo di ecstasy, la seconda nel mondo. La ripresa è stata dura, l' ospedale è diventato la mia seconda casa», ricorda Giorgia. L' organo donato alla scrittrice apparteneva ad Alessandra, una diciannovenne deceduta in seguito ad un tragico incidente stradale proprio nelle ore in cui Giorgia stava per perire a causa degli irreparabili danni che la droga aveva provocato al suo organismo. L' esistenza di Benusiglio, che quest' anno è stata inserita nella classifica delle donne italiane che hanno fatto cose eccezionali, è oggi appesa a continui controlli medici nonché ai farmaci antirigetto, immunosoppressori che, purtroppo, nello svolgere la loro funzione, la debilitano e la espongono al pericolo di sviluppare malattie come il cancro. Paziente per sempre - «Sono e sarò una paziente per il resto dei miei giorni. Il trapianto è la cosa più bella che possa accadere ad un malato, ma per una persona sana, quale ero io, è dura accettare di essere il nemico numero uno di se stessa», ci confida la giovane, che a tre anni dall' intervento ha scoperto di avere un tumore maligno alla cervice e subito altre due operazioni per rimuoverlo. «Non esistono trapiantati oltre i trent' anni di età. Faccio fatica a dirlo ma è così, sappiamo di avere poco tempo. E quando vivi con questa sorta di ansia non è facile. Anche per questo desidero fare comprendere agli adolescenti la bellezza della vita, di cui non devono sprecare neanche un' ora», dichiara Benusiglio. Giorgia affronta ogni difficoltà con il sorriso, perché è felice di essere ancora viva, di poter godere delle piccole e semplici cose che compongono la nostra quotidianità e che di solito non siamo capaci di apprezzare, dandole per scontate. Nell' animo di questa straordinaria fanciulla alberga non solo la gioia di esistere, ma anche il sentimento più bello e nobile che si possa provare: il senso di gratitudine. È stato questo a metterla sulla strada giusta, a spingerla a dare agli altri lo stesso bene che ha ricevuto, facendo in modo che la morte di Alessandra, la sua donatrice, non sia stata vana bensì contribuisca a salvare altre persone. Alessandra vive e rivive in Giorgia, che dal giorno del trapianto che le ha restituito la vita si sente investita della responsabilità di prendersi cura di se stessa, di amarsi, di trattarsi con rispetto, perché dentro di lei c' è un pezzettino fondamentale di qualcuno che ha reso possibile un miracolo. «Pensare ad Alessandra mi ha aiutato a calmare quella rabbia che mi esplodeva dentro nei momenti in cui riflettevo sul danno che mi ero arrecata», spiega Giorgia, che considera i genitori della donatrice la sua seconda famiglia. «Sono qui grazie al loro straordinario gesto d' amore», osserva commossa. 90mila studenti - Sono 90 mila gli studenti delle scuole medie e superiori che la donna incontra ogni anno, raccontando la sua storia e spiegando loro che la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti è solo un' illusione, una scusa per convincersi di poter gestire una dipendenza che in realtà ti gestisce, e che il vero sballo è essere stupefacenti restando se stessi, senza il bisogno di intossicarsi e di giocare alla roulette russa con la propria salute. «L' età del consumo di droghe è scesa rispetto ad un decennio fa, già ad 11 e 12 anni oggi vengono assunte sostanze», spiega la scrittrice. E racconta che, dopo uno dei suoi incontri con gli alunni di una scuola media, un undicenne ha riferito ad una delle docenti che i suoi compagni di classe sniffavano Oki, un antinfiammatorio, per emulare gli studenti dell' ultimo anno che invece consumavano cocaina. «Ormai le droghe si acquistano anche sul web ed arrivano direttamente a casa, vengono vendute come profumatori di ambiente. Costano poco e sono alla portata di tutti. Negli anni Settanta ed Ottanta la cocaina era considerata la droga dei ricchi, ora è alla portata di chiunque poiché le dosi vengono tagliate con schifezze di qualsiasi tipo, veleni, lassativi, farmaci scaduti», continua Benusiglio, che conversando con i minori ha potuto verificare che «tutti sanno che la droga fa male, ma pochi sono consapevoli del fatto che basti un' assunzione per finire all' altro mondo». «Ho tanti progetti. E la mia paura non è di non riuscire a portarli a termine ma di non averne il tempo. Tuttavia, mi esorto a non pensare a quanto tempo mi rimane ma a quanto ne ho avuto in più rispetto a chi è stato meno fortunato di me», riflette a voce alta Giorgia, la quale sa che «la droga ti porta sempre il conto, non si può scendere a compromessi, dovrai pagarne le conseguenze». «Mi auguro che io ed Alessandra riusciremo ad andare avanti il più possibile per continuare a raccontarci ai ragazzi e soprattutto ad ascoltarli, poiché questo è il loro bisogno più urgente», conclude Giorgia. di Azzurra Noemi Barbuto

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