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Pensioni, la vendetta dei giudici contro il taglio degli assegni: il precedente di Monti

Gino Coala
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Il taglio alle pensioni d'oro tanto voluto da Luigi Di Maio nell'ultima manovra economica potrebbe avere vita brevissima. Come già successe cinque anni fa, anche questa volta la Corte costituzionale potrebbe bocciare la misura che a suo tempo era stata portata avanti anche da Mario Monti e poi da Enrico Letta. Il sospetto viene sollevato dall'ex magistrato Domenico Cacopardo che su Italia oggi spiega come solo i 90enni oggi godono di una pensione retributiva, tutti gli altri hanno costruito il loro assegno sulla base del sistema contributivo. Leggi anche: Pensioni, slittano i requisiti minimi per quelle anticipate: manca pure l'Ape sociale Per questo, scrive Cacopardo, il risparmio ottenuto dai tagli "non è tale da influire in modo significativo sulle pensioni non d'oro. Il taglio dovrebbe mettere a disposizione del governo una cifra inferiore ai 28 milioni di euro che, di fronte alla spesa previdenziale, sono il classico cucchiaino di fronte all'immensità del mare". Quella del governo insomma è una esplicita punizione per chi ha lavorato in posizioni di "alta responsabilità amministrativa e sociale", oltre che "una soddisfazione regalata a chi non ha lavorato o ha lavorato in posizioni subordinate, senza nessun beneficio pratico". L'ex magistrato è certo insomma che i giudici della Corte costituzionale si esprimeranno come già successo in occasione del governo Letta, quando fu bocciata la proroga del taglio sulle pensioni perché era venuta meno la condizione di emergenza, che in qualche modo aveva giustificato l'intervento di Monti.

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