Vaticano, la confessione del cardinale vicinissimo a Papa Francesco: "Prove distrutte", un colpo mortale
Incontro di quattro giorni in Vaticano su "La protezione dei minori nella Chiesa", ovvero sullo scandalo pedofilia, versione breve: pur di non ammettere che il problema è l' omosessualità diffusa in Santa Romana Chiesa (la grandissima parte degli abusi è compiuta su maschi giovani e giovanissimi), si dà la colpa al «clericalismo», ovvero al modo in cui è organizzata e gestita la gerarchia sacerdotale. Le violenze su seminaristi e fedeli sarebbero una questione di abuso di potere, insomma, e non di pederastia. Salvo poi, quando si tratta di fare nomi e cognomi dei singoli sacerdoti responsabili, ritrovarsi sperduti nella notte hegeliana in cui tutte le vacche sono nere. Emblematica la denuncia fatta ieri dal cardinale bergogliano Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco di Baviera e presidente della conferenza episcopale tedesca. Ha detto che «gli abusi sessuali nei confronti di bambini e di giovani sono in non lieve misura dovuti all' abuso di potere nell' ambito dell' amministrazione», lasciando così fuori dall' equazione la tendenza sessuale dei colpevoli. Ha aggiunto quindi che «i dossier che avrebbero potuto documentare i terribili atti e indicare il nome dei responsabili sono stati distrutti o nemmeno creati». Un' accusa tremenda, se fatta da chi occupa una posizione come la sua. In un tribunale italiano o di un qualunque altro Paese gli sarebbe stato chiesto: scusi, Eminenza, parla solo per avere letto i giornali o ha prove concrete? A quali dossier si riferisce? Chi li ha distrutti? Nulla di tutto questo è successo. La denuncia resta vaga, quindi inutile, e dell' omosessualità nella Chiesa si continua a non parlare. Leggi anche: Papa Francesco in pericolo, complotto in Vaticano LINEA PROGRESSISTA È la linea politicamente corretta dettata da Bergoglio, che gli torna utile per due motivi: rafforza l' immagine di un pontificato progressista e ormai secolarizzato sui temi sessuali, al punto da non riconoscere la "omoeresia" («chi sono io per giudicare i gay?») e contribuisce alla creazione della Chiesa che piace a lui, nella quale vescovi e cardinali debbono essere strumenti inerti nelle mani di Francesco e l' unico rapporto gerarchico che ha ragione di essere è quello senza mediazioni tra il papa e i fedeli. Linea che è stata ribadita due giorni fa dal bergogliano Blaise Cupich, arcivescovo di Chicago e membro del comitato che ha organizzato il summit sulla pedofilia. Quando gli è stato fatto presente che oltre l' 80% delle vittime di abusi nella Chiesa sono teenager maschi, Cupich ha dato la sconcertante risposta che «l' omosessualità di per sé non è una causa, gli abusi sono spesso una questione di opportunità, di occasione, hanno a che fare con un basso livello di istruzione». Non rasserena sapere che Cupich è stato legatissimo a Theodore Edgar McCarrick, l' ex arcivescovo di Washington ridotto pochi giorni fa allo stato laicale, l' unico ad avere pagato (sebbene troppo tardi) per gli stupri di cui è stato responsabile sin dagli anni Settanta. L' ammirazione per il suo mentore era tale che tre anni fa Cupich assegnò a McCarrick, già allora coperto di accuse, il premio "Spirito di Francesco" per il modo in cui si era impegnato nella Chiesa. La tesi per cui l' omosessualità «non ha niente a che fare con l' abuso sessuale sui minori» è il leitmotiv del summit che si sta svolgendo in Vaticano ed è stata ribadita dall' arcivescovo maltese Charles Scicluna, un altro fidatissimo cui Bergoglio ha affidato la gestione dell' evento. Lo stesso Francesco si è guardato bene dal fare il minimo riferimento ai gay nel proprio discorso inaugurale, né ne accenna nei 21 "punti di riflessione" fatti distribuire ai partecipanti. Non tutti, però, la condividono. La voce dissonante più forte è quella dei cardinali Raymond Leo Burke (statunitense) e Walter Brandmuller (tedesco), due dei quattro porporati (tra i quali c' era l' italiano Carlo Caffarra) che nel 2016 sollevarono in pubblico i «dubia» sull' esortazione Amoris laetitia firmata da Francesco. Allora domandarono al papa, tra le altre cose, se «sia divenuto possibile concedere l' assoluzione nel sacramento della Penitenza e quindi ammettere alla Santa Eucaristia una persona che, essendo legata da vincolo matrimoniale valido, convive "more uxorio" con un' altra». Non ebbero risposta. LA LETTERA Stavolta, fiutata l' aria, prima che iniziasse l' incontro in Vaticano hanno inviato una lettera aperta ai presidenti delle Conferenze episcopali, nella quale mettono il dito sul nervo scoperto. Burke e Brandmuller scrivono che «la piaga dell' agenda omosessuale è diffusa all' interno della Chiesa, promossa da reti organizzate e protetta da un clima di complicità e omertà. (...) Si accusa il clericalismo per gli abusi sessuali, ma la prima e principale responsabilità del clero non sta nell' abuso di potere, ma nell' essersi allontanato dalla verità del Vangelo. La negazione, anche pubblica, nelle parole e nei fatti, della legge divina e naturale, sta alla radice del male che corrompe certi ambienti della Chiesa. Di fronte a questa situazione, cardinali e vescovi tacciono. Tacerete anche Voi in occasione della riunione convocata in Vaticano il 21 febbraio?». Il summit si concluderà stasera e avrà un seguito domani, ma è chiaro già adesso che l' appello dei due cardinali è caduto nel vuoto. di Fausto Carioti