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Cannabis, sentenza choc della Cassazione: la coltivazione domestica non è più reato

Gabriele Galluccio
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Coltivare in minime quantità la cannabis in casa non costituirà più reato. È la clamorosa sentenza emessa dalle sezioni unite penali della Cassazione, risalente al 19 dicembre ma trapelata solo a Santo Stefano da una ricostruzione dell'Agi. Il massimo organo della Corte ha deliberato per la prima volta che "non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica". Per approfondire leggi anche: Salvini contro la droga: "Pronti a fare barricate" Viene così propugnata la tesi per cui il bene giuridico della salute pubblica non viene in alcun modo pregiudicato o messo in pericolo dal singolo assuntore di marijuana che decide di coltivare per uso personale qualche piantina. In passato la Corte Costituzionale era intervenuta più volte sul tema, assumendo sempre una posizione netta che stabiliva il seguente principio: la coltivazione di cannabis è sempre reato, a prescindere dal numero di piantine e dal principio attivo ritrovato dalle autorità e anche se la coltivazione avviene per uso personale. "Devono ritenersi escluse - si legge nella massima provvisoria emessa dalla Corte dopo l'udienza del 19 dicembre - in quanto non riconducibile all'ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni, svolte in forma domestica che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate i via esclusiva all'uso personale del coltivatore". In attesa delle motivazioni della pronuncia, il mondo anti-cannabis inorridisce: in casa tutto può essere lecito.

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