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Coronavirus, Alberto Forchielli dalla Cina: "Allarme scoppiato tardi, cosa non mi torna sul numero di contagi"

Giulio Bucchi
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Sul Coronavirus abbiamo interpellato l'economista Alberto Forchielli, che in Cina, a Pechino, vive per lunghi periodi, anche se ieri su Twitter annunciava la sua "fuga" attraverso Thailandia e Laos.  Leggi anche: "Il Coronavirus? Dalla Cina abbiamo una sola certezza". Feltri, la verità sull'epidemia Come vive la situazione?  «Con curiosità. In questi giorni mi divertiva fare un gioco. Quando sono in ascensore con persone orientali, ci parlo e cerco di capire da quale zona provengono. Ho notato che tendono a nascondere di provenire dai territori dell'area di Wuhan, e in alcuni casi fingono persino di essere coreani».  Com'è la situazione a Pechino? «Si è trasformata in una città fantasma. Le strade sono deserte, i negozi chiusi, la gente resta in casa ed esce solo per andare a fare la spesa. Molti arrivano a farsi portare i pasti a domicilio. Qui però non vivono questa situazione con lo stesso allarmismo che ci arriva dall'Occidente». Anche in Italia i centri commerciali cinesi sono deserti.  «Sarebbe il caso di evitare questi allarmismi. Informare le popolazioni su quanto sta avvenendo è un conto, ma non bisogna far pensare che creperemo tutti a causa del virus!». Il sindaco di Wuhan ha dato l'allarme con un mese di ritardo. Superficialità o cosa? «Del sindaco di Wuhan non sentiremo mai più parlare, stanne certa. È assurdo che la notizia sia stata fatta trapelare con un ritardo così grave, ovviamente questo presta il fianco a diverse supposizioni, compresa quella che ti fa riflettere sulla possibilità che qualcuno abbia imposto di tacere. Di chi è la regia di tutto questo? Col braccio di ferro in atto tra Cina e Stati Uniti, che comunque sono in corso di trattative, qualcuno pensa che possa esserci lo zampino statunitense». Si parla di circa 7.000 casi accertati di contagio in Cina. Rispetto alla popolazione di oltre 1,3 miliardi di persone sono pochi.  «I dati diffusi non mi convincono. Bisogna riflettere su un fatto: c'è scarsa preparazione a livello sanitario per certificare in modo netto la situazione. Probabilmente il numero diffuso rappresenta il 10% della realtà». Sulle cause scatenanti, sono state sviluppate diverse ipotesi. In prima battuta si è parlato di macellazione di animali selvatici vivi al mercato di Wuhan. «Non credo alla storia del mercato. E nemmeno a quella del pipistrello, che peraltro non può passare il virus direttamente all'uomo ma solo tramite un intermediario». E l'ipotesi del virus fuoriuscito dal laboratorio militare?  «È da prendere in considerazione. Quella è zona militare dai tempi di Mao. Una dispersione di virus da un laboratorio è possibile».  Terza ipotesi: la mano Usa.  «È quella più complottista, ma vai a capire. In piena guerra dei dazi, dare una spintarella per far crollare l'economia e l'immagine della Cina, in molti la vedono come ipotesi da prendere in considerazione. Gli Usa hanno però offerto il loro aiuto alla Cina». Sul piano economico cosa possiamo prevedere?  «Le attività commerciali sono chiuse, alcune produzioni si sono fermate, come la Toyota, il capodanno lunare, che fa girare parecchio l'economia, è stato rinviato dal 25 gennaio al 2 febbraio. Se tutto rientrerà entro metà febbraio non ci saranno grosse ripercussioni. Il problema nasce è che la diffusione del virus sembra aver superato i confini cinesi. Quanto peserà sui rapporti commerciali internazionali». di Emilia Urso Anfuso

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