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La Ru486 arriva in Italia

Il Vaticano: non staremo zitti

Dario Mazzocchi
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La pillola Ru486 sbarca in Italia e dal Vaticano arriva pronta una dura condanna. La firma è quella di monsignor Rino Fisichella dalle colonne dell'Osservatore Romano: «La Chiesa non può mai assistere in maniera passiva a quanto avviene nella società: è chiamata a rendere sempre presente quell'annuncio di vita che le permette di essere nel corso dei secoli segno tangibile del rispetto per la dignità della persona”, scrive il presidente della Pontificia Accademia della vita. “La nostra opposizione a ogni tecnica abortiva – prosegue - è per affermare ogni giorno il si alla vita con quanto essa comporta: per questo motivo dinnanzi alla superficialità che spesso incombe permane immutato l'impegno per la formazione”. Una lunga discussione - Le ore che hanno preceduto l'ultimo passaggio per la commercializzazione della pillola abortiva non sono trascorse tranquillamente. Il CdA dell'Agenzia del farmaco (Aifa) è rimasto barricato in una drammatica riunione terminata solo a notte fonda. Sei lunghe ore di discussione per l'imprimatur definitivo (a maggioranza, quindi senza l'unanimità) alla pastiglia, basata su un ormone in grado di provocare l'aborto farmacologico, che è da cinque anni al centro di aspre polemiche. Al punto che l'Aifa ha posto un ulteriore vincolo all'uso della Ru486: sarà possibile somministrarla solo entro le prime 7 settimane dal concepimento. Le principali accuse rivolte finora all'utilizzo del mifepristone (questo il nome del principio attivo) riguardano l'imprecisata incidenza delle infezioni gravi, il rischio di una privatizzazione dell'aborto e l'incongruenza con l'applicazione della legge 194.  Ieri è arrivata anche la scomunica del Vaticano. “La Ru486 comporta la scomunica per le donne che vi fanno ricorso così come per i medici che l'hanno prescritta. perché la sua assunzione è analoga a tutti gli effetti all'aborto chirurgico”, ha  spiegato monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Academia pro Vita. Anche perché, ha continuato il prelato, “se non funziona il farmaco c'è l'obbligo dell'aborto chirurgico”. Sgreccia ha stigmatizzato i rischi per la madre, attribuendo al farmaco “una valenza del veleno, non a fine di salute, ma a fine di morte”. Rischi per la donna - Anche se il dato non è nei verbali del Comitato tecnico dell'Aifa  dal 1988 sono stati 29, in tutto il mondo, i casi di donne decedute  dopo  la pillola abortiva. Eppure, nelle sue controdeduzioni, la casa farmaceutica produttrice francese Exelgyn ha chiarito: “Si tratta di casi in cui il nostro mifepristone è stato preso fuori delle indicazioni. Quelle donne non sono morte di aborto”. Sta di fatto che all'Aifa la decisione importante era già stata presa nel febbraio 2008, sotto la direzione di Nello Martini, quando la commissione tecnico-scientifica espresse parere positivo. Non a caso, i dati del ministero della Salute, aggiornati ad aprile 2008, registrano  2.293  casi di aborto praticato con la Ru486 nelle regioni (Toscana, Emilia Romagna, Marche e provincia di Trento) che avevano dato l'assenso alle sperimentazioni.   Decisione tecnica - Già in vendita all'interno dell'Unione europea in Francia, Gran Bretagna e Svezia, per il farmaco della Exelgyn  è stata infatti attivata (di default, cioè in automatico in base ai regolamenti comunitari) la cosiddetta procedura di “mutuo riconoscimento”. Dopo l'autorizzazione degli organi tecnici dell'Aifa a esprimersi è stata la commissione prezzi e rimborsi ne, che ne ha anche deciso il prezzo, il più basso in Europa: ci vorranno 14,28 euro per acquistare la confezione da una compressa e 42,80 euro per quella da tre. “Non ci siamo fatti condizionare”, ha spiegato il direttore generale dell'Aifa Guido Rasi. “Spesso sui farmaci si aprono dibattiti, come è giusto che sia poiché si tratta di prodotti che hanno a che fare con la nostra salute, ma noi siamo tecnici”.

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