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L'ultima crociata è sui campi di melone

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Islamici rifiutano di bere acqua, è ramadan

Albina Perri
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La nuova crociata è sul campo di melone. A Mantova, dove lavorano con la schiena piegata sotto il solleone centinaia di immigrati musulmani, è scoppiata infatti la guerra dell'acqua. Il comitato per la sicurezza in agricoltura, di cui fanno parte pure i sindacati, ha detto ieri che non c'è Ramadan che tenga, e non si discute: chi lavora con la zappa, durante il giorno deve bere. Pena il licenziamento. Loro, i musulmani che il Ramadan lo praticheranno dal 20 agosto, dicono invece che no: l'Islam è l'Islam, e Allah non vuole. Piuttosto, che i datori di lavoro offrano pause di riposo all'ombra, o facciano lavorare meno i coltivatori, oppure anticipino al mattino presto il loro orario di coltivazione, quando fa più freschino. Che si adattino un po' alle regole di Maometto, insomma. Ma di mandar giù acqua non se ne parla nemmeno. Del Comitato pro acqua agli assetati fanno parte Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil. La decisione del Comitato è basata sul decreto legislativo numero 81 del 9 aprile 2008, secondo il quale coloro che lavorano «in giorni ed orari particolarmente caldi e umidi sono obbligati ad assumere acqua, pena la sospensione temporanea dell'attività lavorativa (...) oppure pena l'interruzione del rapporto in caso di recidiva secondo le norme contrattuali vigenti». I colpi di caldo possono essere fatali, e nessuno vuole un immigrato disidratato steso sul suo campo. Da qui il regolamento. Al comitato ha risposto subito il rappresentante della comunità islamica virgiliana, Ben Mansour: «Condivido l'impostazione ma non l'obbligatorietà - dichiara - se durante il Ramadan un lavoratore musulmano non si sente bene, per prima cosa devesospendere l'attività e, se capisce che il malessere non è passeggero, può senz'altro bere, perché quella è una sua decisione. Ma il digiuno non può avere deroghe che non siano legate a gravi problemi fisici. Se qualcuno venisse licenziato per questo motivo - conclude - come comunità scenderemo in campo per sostenerlo». Oggi pure la repica di Hamza Piccardo, ex segretario Ucoii ed oggi direttore del sito Islam-online.it: «Ostacolare o impedire la pratica del digiuno sarebbeuna gravissima violazione della Costituzione italiana», dice.«Nessuno vuole cassare o ignorare la norma di legge, ma la sipuò certamente leggere in termini di tutela in extremis, non di più - dicel'esponente islamico - Utili strumenti possono essere messi in campo perdiminuire il disagio di chi deve trascorrere una dura giornata di lavoro,spesso di 10 ore, assolvendo al digiuno rituale. Esentarli dallostraordinario su loro richiesta, anticipare l'orario d'inizio lavoro quantopiù possibile, permettere una pausa all'ombra nelle ore più calde dellagiornata, favorire i digiunanti attribuendo loro mansioni di minor dispendiodi energia». Quindi, al solito, che si adattino gli italiani ai ritmi e alla cultura - pure religiosa - islamica, e non viceversa. I meloni e le angurie possono attendere. E' tempo di ramadan. Albina Perri

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