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Coronavirus, il dipendente dell'ospedale di Crema: "Basta, siamo il lazzaretto della Lombardia"

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"Ieri ho lavorato dalle 7 del mattino all' una e mezzo di notte. Oggi sono riuscito a vedere qualche ora la mia famiglia". Attilio Galmozzi, assessore comunale all' Istruzione e al Lavoro e medico presso l' ospedale di Crema (ospedale che l' assessore regionale Gallera ha definito "centro specializzato per il Coronavirus"), è piuttosto scettico riguardo le scelte della Regione Lombardia. Lo rivela in una intervista al Fatto quotidiano in edicola mercoledì 4 marzo. "Non capisco come questo possa essere un ospedale specializzato quando abbiamo sette posti in terapia intensiva più un ottavo d' emergenza. Abbiamo sei macchine per la ventilazione non invasiva. Soprattutto, in questo ospedale non c' è un infettivologo, l' ultimo se ne è andato due anni fa".


Perché proprio Crema sarà il "lazzaretto", come dice lei?"L' impressione è che stiano creando una cintura intorno a Milano per proteggere la città che è il cuore economico e politico della regione, si sono detti "tanto lì il territorio è già contaminato". Ma non si illudano che il virus non arriverà ovunque. Le attività economiche, le scuole riapriranno e da Crema la gente tornerà a Milano, ci sono migliaia di pendolari. C' è un problema globale e stanno pensando di risolverlo con un isolamento locale in una città di 35.000 abitanti, con un ospedale che ha 380 posti letto e non riuscirà a reggere". Cosa sarebbe servito secondo lei per evitare questo caos negli ospedali? "Serviva una centrale operativa regionale che fin da subito agisse. Consideri che qui il primo paziente con problemi respiratori è arrivato il 17, in un momento ben lontano dal panico dei giorni dopo. Il tampone (positivo) l' ha fatto successivamente". Previsioni? "Se riapriamo tutti i luoghi di aggregazione a breve sarà un disastro. Sono per il modello Wuhan, con degli adattamenti".

 

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