Di Pietro processato dagli amici di Micromega
Ma lui insiste: "Santa alleanza contro Silvio"
Incurante dell'inchiesta fatta dai suoi stessi amici suoi modi discutibili con cui gestisce il suo partito e i personaggi altrettanto discutibili che lo circondano, Antonio Di Pietro alza ancora l'asticella della polemica e va avanti. Ritiene finita l'esperienza politica di Silvio Berlusconi, come va ripetendo da anni ormai, e fa un appello al centrosinistra, soprattutto al Pd, per «stare uniti e costruire una nuova santa alleanza di cui c'è bisogno per poter fermare il berlusconismo di regime, che va oltre a Berlusconi in sé» «Il dopo Berlusconi – dice Di Pietro – è già alle porte. Non lo sa, ma è finito democraticamente. Anche Saddam non lo sapeva che era finito. Dobbiamo pensare al dopo, a ricostruire il paese». «Siamo - ha aggiunto - alternativa al governo, perché un'alternativa ci può e ci deve essere. Un'alternativa che non possiamo costruire da soli, ma con una coalizione credibile nel programma, ma soprattutto con persone credibili. Non vogliamo lavorare per fare opposizione, per rompere le alleanze, ma per costruire - precisa - un programma condiviso, costruttivo con le altre forze politiche del centrosinistra che vogliano lavorare con noi».Per Di Pietro, «Berlusconi sta alla politica come Fede sta all'informazione, quindi te ne accorgi quando la spara grossa. Quella di questo governo è una politica dell'egoismo, del conflitto, della differenziazione sociale, fascista, piduista xenofoba, che istiga all'odio, al disprezzo. E questo che vogliamo contrastare». A chi lo critica perchè attacca Berlusconi, «perché così facendo si irrobustisce di più», Di Pietro replica che il premier «si irrobustisce se lo lasci fare. Bisogna contrastarlo. Se l'hanno votato è perchè i cittadini hanno creduto, in buona fede, che votando lui sarebbero stati meglio. E invece sta meglio lui e qualche amico suo». L'inchiesta di MicroMega - In gergo militare si chiama fuoco amico. Non c'è cosa peggiore per un moralista sentirsi fare la morale da qualcun altro. Ancora peggio quando questo qualcun altro non è il tuo avversario politico ma i tuoi (ex?) compagni d'avventura. Quelli che addirittura hanno coniato un nuovo termine, “dipietrismo”, per dipingere la parte dura e pura dei resistenti a Berlusconi e al berlusconismo. I resistenti tutti d'un pezzo, s'intende, quelli che non sono mai stati ex, moralmente ineccepibili e pronti a difendere la democrazia dagli assalti del Sultano di Arcore come cavalieri senza macchia e senza paura al soldo di Tonino l'inquisitore. A denunciare la doppia natura dell'Italia dei Valori (già il nome…) stavolta non è qualche giornale di destra o di proprietà del Padrone, ma MicroMega. Sì, avete letto bene. MicroMega. La rivista, diretta da Paolo Flores D'Arcais, punto di riferimento della sinistra giustizialista e girotondina, dipietrista e moralista, che ospita gli interventi dei magistrati che indagano su Silvio e le requisitorie di Marco Travaglio. Il saggio-inchiesta, lungo 50 pagine e scritto da Marco Zerbino, anticipato oggi su “La Stampa”, s'intitola “C'è del marcio in Danimarca. L'Italia dei Valori regione per regione”. Questa la tesi di fondo: «Esistono due anime di Idv, quella ideal-movimentista da un lato, e quella inciucista e politicante dall'altro», una situazione che «crea spesso a livello locale situazioni di stallo», e di frequente «si risolve a favore della seconda». «Ali zavorrate» – Molto precisa l'accusa di MicroMega: «A livello locale, le ali del gabbiano arcobaleno sembrano troppo spesso zavorrate dal peso della sua contiguità a un ceto politico dai modi di fare discutibili, in molti casi approdato all'Idv dopo svariati cambi di casacca, alcuni dei quali acrobatici, e in seguito a ponderatissimi calcoli di convenienza personale. Non proprio quello che si aspetterebbe da un partito che aspira a incarnare un nuovo modo di fare politica». Un'analisi politica campata in aria? Fatta, magari, per screditare Tonino Di Pietro e la sua lotta contro il totalitarismo oscurantista di Berlusconi? No, perché la “doppia natura” dell'Idv ha nomi, cognomi e record. Il partito dei commissari – Quello dei commissariamenti anzitutto. In Friuli, come anticipa oggi “La Stampa”, sono state a lungo commissariate Udine e Pordenone. In Liguria il capo Paladini in un anno ha allestito un congresso moltiplicando le tessere (da 700 a 7000, roba che neanche il Pd). In Toscana è commissariata Lucca. In Umbria c'è un «garante» (Leoluca Orlando). Nelle Marche tutte le sezioni provinciali sono commissariate. In Campania non si fa congresso dal 2005, come in Puglia. In Calabria spopolava fino a poche settimane fa Aurelio Misiti, ex sindaco comunista di Melicucco, ex assessore della giunta Carraro a Roma, presidente (di nomina berlusconiana) del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Tonino alla fine lo ha sostituito con Ignazio Messina, capo degli enti locali dell'Idv, che ha ruoli di rilievo anche in Sicilia. Piccolo particolare, Messina, per nove anni sindaco a Sciacca, è uno degli antesignani del trasversalismo: nel 2004 sostenne laggiù il candidato sindaco di Forza Italia, Mario Turturici. Tonino con Silvio, che orrore. Ma accade, e pure spesso, in Italia. In Liguria Giovanni Paladini, ex Ppi, poliziotto e segretario del Sap (uno di quelli che votarono «per affossare l'inchiesta parlamentare sul G8») tra le tante altre cose, accusa MicroMega, ha inserito in lista alle europee Marylin Fusco, «sua fiamma» (la neodipietrista, in un dibattito tv su Odeon, sbottò sconsolata: «Nei confronti di Silvio Berlusconi è in atto una persecuzione»). C'è chi, in quell'entourage, è stato al centro di attenzioni dei pm per rapporti con famiglie calabresi. Zerbino racconta vita e miracoli di Nello Formisano, capo in Campania. «Insieme all'ex dc potentino Felice Belisario incarna l'ala “pragmatica”, per così dire, dell'Idv: entrambi hanno riempito il partito delle mani pulite di faccendieri e arrivisti, in larga misura di provenienza democristiana». Grazie a Formisano - scrive - sono entrati Mimmo Porfidia (ex Udeur che verrà indagato dalla Dda di Napoli per il 416 bis), Nicola Marrazzo (attualmente capogruppo in consiglio regionale, «la sua famiglia possiede diverse imprese impegnate nel settore dei rifiuti, quattro delle quali si son viste ritirare dalla Prefettura il certificato antimafia»). È entrato il leggendario Sergio De Gregorio. È Formisano, in posti come Torre del Greco, San Giorgio a Cremano, Qualiano, ad aver reso normali operazioni di «Grosse Koalition alla pummarola», facendo entrare sistematicamente l'Idv in giunte di destra. Di Belisario MicroMega ricorda che ha lo stesso, diciamo così, talento trasversale; o che ha fatto arrivare al partito uomini del calibro di Orazio Schiavone, ex Udeur, condannato per esercizio abusivo della professione odontoiatrica. Ex tutto, invece, è Pino Pisicchio: ex dc, Ppi, Rinnovamento italiano, Udeur. Ora è parlamentare dell'Idv e ha scritto un libro, “Il post partito” (edizioni Rubbettino) per magnificare il “movimento” del trattorista molisano. Il direttore: «I panni sporchi non si lavano in famiglia» – Farà discutere tanto quest'inchiesta. Per chi considera l'Idv l'ultimo baluardo contro il berlusconismo forse sarà un boomerang. Necessario, però, stando a quanto scrive il direttore di MicroMega Paolo Flores D'Arcais nell'editoriale d'apertura: «Se qualcuno si straccerà le vesti manifestando la sindrome di lesa maestà, e si arroccherà di fatto nell'universo ben noto dei “panni sporchi si lavano in famiglia” vorrà dire che una volta di più la speranza è stata tradita e l'ultimo regalo a Berlusconi (forse definitivo) è già stato spedito». La replica di Di Pietro - "Il mio, proprioperché è un partito post-ideologico, stacercando di mettere insieme la popolazione al di là dei precedenti politici di ognuno". Così,dalle colonne de 'La Stampa',Antonio Di Pietro replica allasevera inchiesta che Micromega hacondotto sull'Idv. "Voglio prendere questa inchiesta - aggiunge Di Pietro - come uno stimolo a far meglio, anche severrà strumentalizzata da qualcuno. Ma a Micromega vorrei dire: stati attenti anon fare di tutta l'erba un fascio". "Ho l'impressione - prosegue l'ex pm -che a volte veniamo accusati per il solofatto di aver reclutato persone che hanno fatto politica con altri partiti: ma questo di per sè non vuol dire niente. Iovoglio stare lontano da personaggi come Ciancimino o Salvo Lima, o anche da un certo tipo di politicaandreottiana. Però non tutto nella prima Repubblica era male, nella primaRepubblica c'erano anche i Pio La Torre, i Mattarella, iMoro...". "Su 2mila 500 eletti dell'Idv - sottolinea Di Pietro - cisono appena 32 persone che provengono daesperienze politiche precedenti, e ne sono orgogliose. Perciò Flores valutiavendo cognizione di tutto, non solo deimolti che si lamentano sul territorio perché, magari, non hanno ottenuto uno spazio personale. Noivigileremo di più, ma gli altri nondevono sparare nel mucchio".