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Si apre il processo Reggiani

Mailat: non l'ho uccisa io
di Dario Mazzocchi sabato 27 settembre 2008

2' di lettura

Roma - Si è aperto oggi il processo per l’omicidio di Giovanna Reggiani, la donna ucciso il 30 ottobre 2007 all’uscita dalla metropolitana nella periferia di Roma e il cui corpo fu abbandonato in un fossato nella campagna circostante. Ad essere accusato dell’assassinio un romeno, Romolus Nicolae Mailat, che oggi è comparso in aula. Pantaloni scuri e maglione nero a disegni, Mailat ha detto di essere rassegnato, ma di confidare nella giustizia divina: “Sono rassegnato all’idea di prendermi trent’anni di carcere, ma spero nella giustizia divina”. Per quanto mostrasse un’apparente tranquillità, l’imputato ha aggiunto: “Non sono tranquillo, non ho ucciso Giovanna Reggiani e sono amareggiato perché non posso ricevere visite e la corrispondenza dei famigliari”. Lui continua a proclamarsi innocente, dice di essere soltanto uno che ruba le borsette, non un omicida, ma il pm Maria Bice Barbolini ribatte: “Ci sono prove sufficienti contro Mailat. Il difensore sostiene di averne altre a discarico, io porto avanti la mia tesi”. Il difensore di Mailat, Pietro Piccinini, dal canto suo ha ribadito l'inattendibilità dei testimoni, non solo le versioni di Emilia Neamtu e di Dorin Obedeanu, ma anche quella di un altro romeno il quale, sentito tramite rogatoria internazionale, ha dichiarato che Mailat aveva un complice. Per Piccinini “ciascuna versione esclude l'altra”. Mentre il marito della vittima, l’ammiraglio Giovanni Gumiero, chiede che il fatto non diventi un mezzo di strumentalizzazione contro i rom, la stampa rumena avanza l’ipotesi che le misure prese contro di loro dal governo italiano dipendano anche da questa pagina di cronaca nera. Del processo ha parlato anche il sindaco della capitale, Gianni Alemanno, che nel corso del suo intervento ha fatto riferimento anche al processo per la morte di Gabriele Sandri: “Ci aspettiamo condanne esemplari”, ha dichiarato per poi aggiungere: “Purtroppo quando avvengono fatti di questo genere e poi non ci sono le conseguenze giudiziarie che ci si può attendere, alla prima ferita, quella dell'omicidio, se ne aggiunge una seconda, che è quella della sensazione di non trovare giustizia nelle nostre istituzioni”.

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