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Coronavirus, "servizio garantito": mascherine per tutti gli immigrati, ma non per i medici in prima linea

Antonio Rapisarda
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In piena emergenza pandemia, con Schengen sospeso, con gli italiani che non possono rientrare dall' estero, dove non è possibile nemmeno spostarsi da Comune a Comune e a stento ci si può recare a fare la spesa al market sotto casa, sbarcare clandestinamente in Italia - come se nulla fosse - resta facilissimo. C' è da dire, però, che se i confini di mare con i giallorossi continuano a essere autostrade libere (240 arrivi in piena crisi epidemiologica, questo il numero ufficiale snocciolato ieri dal ministro dell' Interno Lamorgese), ci pensano gli scafisti ad adattarsi al Covid-19: nel senso che prima di abbandonare il loro carico di essere umani stanno attenti a seguire tutte le "procedure". Addirittura con dispositivi di sicurezza che gli italiani, persino quelli in prima linea nelle strade e negli ospedali, faticano ancora maledettamente a trovare.

 

 


DOTAZIONE PERFETTA
Paradossale? Basta vedere ciò che è avvenuto sulla costa di Brindisi, in Puglia, dove venerdì mattina scorso sono sbarcati quarantaquattro immigrati (quaranta uomini, tre donne e un bambino, di origini egiziane, irachene e curde) intercettati dopo qualche ora da una pattuglia di un istituto privato di vigilanza. Sorpresa nella sorpresa è stata come si sono presentati gli immigrati ai controllori: tutti rigorosamente muniti di mascherine. E non quelle «modello Bugs Bunny il coniglietto», per dirla polemicamente con Vincenzo De Luca (a proposito dei dispositivi forniti dalla Protezione civile in Campania), ma quelle chirurgiche. Gentile "omaggio", secondo le prime ricostruzioni, proprio degli scafisti che hanno condotto l' imbarcazione nei pressi della costa pugliese. Giunti e intercettati poi in giro per le campagne limitrofe, è toccato alle Forze dell' ordine assicurarli ai sanitari e alla Protezione civile per i controlli del caso, a partire dal termo scanner per la rilevazione della temperatura corporea. Fatto ciò, con nessun caso da sottoporre a particolari protocolli sanitari, i migranti sono stati sistemati in quarantena nei centri di accoglienza della regione. Tutto, quindi, estremamente pericoloso - se non fossero stati trovati dal metronotte gli sbarcati avrebbero continuato a vagare senza alcun controllo; e grottesco, a maggior ragione, il dettaglio delle mascherine.


PARAGONE IMPIETOSO
Una situazione paradossale che non poteva passare inosservata. «Quelle stesse mascherine che i nostri militari, i nostri poliziotti, i nostri carabinieri spesso non hanno, con tutte le conseguenze in termini di rischio, gli immigrati sbarcati le avevano: servizio completamente "garantito"», ha attaccato il deputato pugliese della Lega Rossano Sasso. L' esponente dell' opposizione di centrodestra stenta a crederci: «Gli italiani costretti a rimanere a casa, a non poter lavorare, gli immigrati liberi di sbarcare, muniti di mascherine dagli scafisti e subito accolti dalle istituzioni».
Insomma, scafisti e migranti dimostrano di essere più organizzati delle istituzioni italiane stesse, se è vero come è vero che le Regioni continuano a chiedere, inascoltate, i dispositivi per poter affrontare l' emergenza.


Qualche esempio? Partiamo dall' epicentro della crisi: la Lombardia. Qui il fabbisogno giornaliero, solo per gli ospedali, è di 300mila mascherine, che salgono a più di un milione se si conta anche il personale sociosanitario. Quante ne sono arrivate? Per ora solo 2,1 milioni contro i 30 milioni richiesti. In Veneto, altro fronte caldo, fino a venerdì mattina erano state consegnate 3.210 mascherine Ffp3 contro una richiesta di 200mila al giorno. Scendendo in Sicilia, troviamo il presidente della Regione Nello Musumeci che da giorni lancia appelli su appelli contro il rischio di combattere «una guerra con le fionde». Il risultato? Restando solo alle mascherine, su 5 milioni di protezioni richieste ne sono arrivate solo 80mila modello Ffp2 e Ffp3, mentre 439mila del modello Montrario, quelle denunciate sarcasticamente da Musumeci «panni Swiffer per la polvere». Si tratta, come è evidente, di un fabbisogno enorme, rispetto al quale la "risposta" della Consip - la centrale acquisti della pubblica amministrazione, finita al centro di mille polemiche con i governatori e che ieri parlava di «risultati significativi» (sic) - è stata la seguente: fino ad ora sono state consegnate 561.500 mascherine chirurgiche, Ffp2 e ffp3 «e ulteriori 311.800 in consegna entro il 3 aprile». Tempi biblici, totalmente fuori ritmo rispetto alla tempistica richiesta dall' emergenza, e numeri drasticamente insufficienti per una sola delle Regioni italiane. Figuriamoci tutte.

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