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Fase 2, i ministri contro i milanesi sui Navigli. Ma usano i soldi per la sicurezza in marchette per videogiochi e Comuni del Sud

Lorenzo Mottola
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Caos sui Navigli? Luca Zaia dal suo ufficio vista Canal Grande l' aveva previsto: «Se diciamo alla gente che può uscire di casa è probabile che alla fine esca». In altre parole, non era difficile ipotizzare che, autorizzando le passeggiate, in qualche piazza si sarebbero incrociate più di due persone. Così come era ovvio che qualche pirla avrebbe violato le ordinanze bevendosi una birra in pubblico senza mascherina (d' altra parte, provate voi a bere una birra con la mascherina). Questa, però, non può essere una scusa per nessuno. Prima di tutto perché si poteva anche spedire qualcuno a controllare.

 

 

 

In secondo luogo perché, come spieghiamo nell' articolo qui accanto, si è trattato di episodi isolati gonfiati a dismisura dai media, la stragrande maggioranza dei milanesi sta seguendo scrupolosamente le indicazioni.
Se davvero rischiamo una "ricaduta", quindi, il problema è un altro. La scelta non è mai stata fra ripartire o lasciare il paese in quarantena, perché non era più possibile star fermi. L' alternativa era tra riaprire in maniera organizzata - seguendo il modello tedesco, quello coreano o lo svedese - oppure farlo all' italiana, con un simpatico caos nel quale chi è deputato a decidere non fa nulla e spera che siano altri ad assumersi le responsabilità.
Ovviamente abbiamo preso la via di Pulcinella, come da nostra natura.

In ritardo - L' elenco è lungo: c' erano varie cose da fare per prepararci all' estate cercando di mantenere basso il livello di contagi. Bisognava diffondere direttive chiare da dare alle Regioni e ai cittadini, per riorganizzare la vita privata e per la ripresa delle attività lavorative. Invece per quanto riguarda le aziende i dirigenti non hanno ancora capito se accendendo l' aria condizionata quest' estate rischieranno di finire in galera. E le famiglie ancora aspettano di sapere cosa è stato della leggendaria "Immuni", l' applicazione che tramite i nostri telefonini avrebbe dovuto tracciare i movimenti degli infetti in modo di isolarli rapidamente come fanno a Seul. Un sogno che si è arenato tra polemiche sulla privacy e dissensi all' interno della maggioranza. Maggioranza che, invece, torna compatta quando si tratta di trovare modi per bruciare i nostri soldi.
Diceva Giuseppe Conte il 21 marzo: «L' emergenza sanitaria - ma lo avevamo previsto - sta tramutando in piena emergenza economica, ma a voi tutti dico: "Lo Stato c' è. Lo Stato è qui». Il Governo interverrà con misure straordinarie che ci consentiranno di rialzare la testa e ripartire quanto prima». In questi giorni stiamo iniziando a vedere cosa ci aspetta.

Le mancette - Sul tavolo del presidente del Consiglio è recentemente arrivato un plico di 776 pagine: sono le richieste presentate dai vari ministeri per spese da inserire nel cosiddetto "decreto ripartenza" (una volta detto "decreto aprile", nome ormai scaduto). Si parte da cose giuste, come l' istituzione di un fondo per sostenere chi non riesce a pagare l' affitto, per arrivare all' istituzione presso il ministero per lo sviluppo economico di un "fondo per la produzione di prototipi di videogiochi", con dieci milioni di contributi a fondo perduto. Poi ci sono nuove tasse per le società cooperative. Assunzioni a pioggia nei ministeri, un migliaio solo in quello della Giustizia. E perché no? Un bel condono edilizio, purché si rispettino i piani attuativi di riqualificazione urbana. Infine ovviamente c' è chi vuole spedire tanti, tantissimi soldi al Sud (ma la strage non era stata in Lombardia?). Qualche esempio: 20 milioni al comune di Taranto per rinnovo del parco mezzi destinato ai servizi di trasporto pubblico urbano. Una trentina di milioni per migliorare i collegamenti tra la rete ferroviaria nazionale e l' aeroporto di Brindisi. Sgravi fiscali per le attività di ricerca e sviluppo nelle aree del Mezzogiorno.
E altro.

Il caso dei tamponi - Questo sarebbe il piano dei nostri per restituirci il benessere economico dopo l' epidemia, anche se in realtà i guai sanitari sono tutt' altro che risolti. Nella provincia di Bergamo, notizia di ieri, circolano ancora 52mila persone che presentano sintomi riconducibili al Covid, potenzialmente contagiose.
Servirebbero dei test per capire meglio la situazione. Il commissario straordinario Domenico Arcuri ha fatto sapere di aver spedito 2,5 milioni di tamponi alle Regioni per aiutarle a capire chi isolare e chi invece spedire al lavoro. Una balla colossale, secondo il governatore Attilio Fontana: «Hanno mandato tanti tamponi, ma hanno dimenticato di allegare i reagenti. I tamponi sono l' oggetto materiale con cui si raccoglie da gola e naso quanto deve essere sottoposto ad esame. Se non ci sono i reagenti è fine a se stesso».
E il virologo della Regione Veneto Andrea Crisanti ha confermato le perplessità della Lombardia: «I bastoncini di legno che usiamo per prelevare i campioni, ma non altro». Una pioggia di panzane da Roma, che rischia di portarci di nuovo a sbattere.

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