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Silvia Romano, parla l'attivista musulmana: "Quel vestito non era somalo, è una divisa islamista che ci hanno fatto ingoiare a forza"

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Silvia Romano e il suo ritorno in veste musulmana fa ancora discutere. Questa volta a voler fare chiarezza ci pensa Maryan Ismail, musulmana e attivista per i diritti delle donne. "Quel vestito non ha nulla di somalo", scrive la donna in una lettera indirizzata alla diretta interessata. "Non mi piacciono per nulla le discussioni sul suo abito (che non ha nulla di somalo, bensì è una divisa islamista che ci hanno fatto ingoiare a forza) né la felicità per la sua conversione da parte di fazioni islamiche italiane o ideologizzati di varia natura". La Ismail vuole precisare che la Somalia "tradizionale" erano drappi sgargianti, sete preziose e colorate che esaltavano le donne. Non solo, anche Layla Yusuf imprenditrice italo-somala vuole dire la sua verità all'attivista milanese rapita per 18 mesi dal gruppo terrorista di Al Shabaab: "Noi portiamo i capelli scoperti se vogliamo, scegliamo liberamente i vestiti. Facciamo qui quello che si faceva allora. Era una vita bella e felice, ora è drammatica".

Il motivo è ben noto: Mogadiscio - come scrive Il Giornale - ora è ostaggio degli islamisti. "A casa mia comandava mia madre - prosegue Layla - mio padre lavorava fuori e gestiva tutto lei. Sono sempre state matriarche. Guidavano casa e famiglia. La nostra Africa non c'entra niente con gli arabi, nella nostra tradizione ci sono i vestiti colorati delle donne, come il guntino, elegante fatto e a mano, che si usava normalmente o anche nelle cerimonie, di seta". Poi è arrivata la guerra civile che ha portato con sè anche gli abiti che Silvia crede tradizionali. "Quelle che di noi - conferma l'imprenditrice - hanno continuato a vestirsi normalmente, hanno cominciato a essere stigmatizzate, denigrate come troppo occidentali". Insomma, della tunica lunga che ha indossato la Romano atterrata a Ciampino non c'è nulla di tradizionale.

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