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Daniele De Santis, il carabiniere: "Il killer al momento dell'arresto era indifferente, ha chiesto da quanto lo pedinavamo"

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Giovanni Antonio De Marco al momento dell'arresto era tranquillo. Lo rivela il comandante provinciale dei carabinieri di Lecce Paolo Dembech che parla così del 21enne colpevole dell'omicidio dell'arbitro di Lecce, Daniele De Santis, e della ragazza di lui, Eleonora Manta: "L’abbiamo arrestato ieri alle 22 mentre usciva dall’ospedale ha avuto una reazione con nessuna agitazione - racconta rispondendo alle domande dei giornalisti davanti alla caserma di via Lupiae -. Non si è messo a ridere, ha detto semplicemente ’ma da quanto mi stavate pedinando?". Un comportamento alquanto insolito, De Marco infatti non sembrava affatto stupito. 

I dettagli di quella tragica sera stanno piano piano delineandosi: "L’arma del delitto, disconoscendo quello che è stato riportato sui giornali, non è un pugnale da sub, ma un pugnale da caccia che aveva acquistato pochi giorni prima, di cui è stato ritrovato il fodero ma non l’arma, di cui si è disfatto buttandola nei rifiuti che poi sono stati raccolti". Anche sul movente c'è più chiarezza. A confessare il possibile motivo che ha spinto l'infermiere tirocinante a un tale ed efferato gesto è il comandante: "Qualcosa deve avergli dato fastidio, forse un senso di invidia per qualcosa che vedeva nella coppia e che non riconosceva in sè stesso e nelle poche amicizia che aveva. Tutto è culminato in una azione vendicativa". Durante l'interrogatorio, infatti, De Marco avrebbe ammesso: "Li ho uccisi perché erano troppi felici e per questo mi è montata la rabbia".

 

 

Non solo, De Marco, che ha convissuto con Daniele De Santis nella stessa abitazione della barbara uccisione prima di trasferirsi poco distante, aveva conservato le chiavi di casa: "Essendo stato coinquilino di quell’appartamento aveva custodito una copia della chiavi". Per questo è entrato nell'appartamento senza grandi ostacoli.

 

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