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Vaticano, la rivelazione di un giornalista sul collega autore del presunto scoop sul cardinal Becciu: "Ha raggirato anche me"

Foto: Lapresse

Francesco Specchia
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«Quello che mi sorprende è questo silenzio totale a tenuta stagna. Del ministero della Giustizia del Vaticano. Di Radio Radicale. Dell'Espresso. Parliamo di un falsario, di uno sciacallo, di un mitomane e siamo ancora agli imbarazzi». Così parla Enrico Rufi, che di Massimiliano Coccia - l'autore sull'Espresso dello "scoop" sul cardinal Becciu che sta scuotendo la Santa Sede - ha un'opinione brutale e, al contempo, quasi ammirata. Rufi, 60 anni, è il redattore storico di Radio Radicale («Ho lasciato il dottorato alla Sorbona per seguire Pannella nel '75») che ha citato Coccia al Prefetto delle Segnatura Apostolica nel 2019 in una «denuncia per sostituzione di persona col segretario personale se non personalissimo di Papa Francesco». Coccia, una condanna ex art 476 ccp per falso in atto pubblico, avrebbe messo in piedi una pantomima ben articolata spacciandosi per profondo conoscitore degli ambienti papali. Attraverso i quali doveva permettere a una delegazione di Radio Radicale (lui stesso, il direttore della radio Alessio Falconio, Rita Bernardini e Rufi) di ottenere udienza in forma riservata a Santa Marta presso il Pontefice, onde sottoporgli un dossier sulla situazione carceraria. Al Papa sarebbe stato anche presentato L'Alleluja di Susanna, un libro in cui lo stesso Rufi raccontava la testimonianza della figlia morta per meningite fulminante di ritorno dalla Giornata Mondiale delle Gioventù a Cracovia del 2016.

 

 

«L'avevo scritto perché non poteva più farlo mia figlia che seguiva il magistero di Bergoglio, e per una richiesta esplicita pontificia ai "reduci di Cracovia": non lasciatevi frenare dagli adulti, dai preti, faremo un sinodo per voi giovani. Poi il sinodo fu un fallimento. Ma Coccia si offrì davvero di farci incontrare col Papa. E in effetti, all'inizio, sembrava che i contatti giusti li avesse, anche con monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita; e Coccia era cattolicissimo, seguiva i ragazzi in parrocchia», afferma Rufi. «Poi, ad un certo punto accaddero due fatti inquietanti che danno l'idea della mitomania del collega», prosegue Rufi «la prima era l'invenzione di un prete, don Andrea Andreani, suo presunto grosso contatto vaticano che pareva il segretario del Papa. Andreani teneva via mail una corrispondenza con la radio e continuava a spostare di continuo l'udienza. Finché sia la Gendarmeria sia monsignore Sapienza della Casa Pontificia ci avvertirono che era un prete fantasma».

Il secondo fatto tocca direttamente Rufi, persona perbene, uomo di salde certezze ma profondamente turbato da un lutto terribile e innaturale. «Coccia mi propose di presentare il mio libro nella parrocchia San Giovan Battista de Rossi a Roma, mi portò la locandina: "Viene anche un vescovo e un cardinale della Papua- Nuova Guinea". La appendemmo per 15 giorni nella parrocchia ma nessuno ne sapeva nulla. Mi precipitai dal parroco che mi replicò: "Portamelo qui, Coccia, perché lo prendo a schiaffi". E neppure il vescovo era informato, andai pure dal vescovo per l'equivoco». Ora, dubitiamo che giudiziariamente le azioni legali nei confronti di Massimiliano Coccia abbiano qualche effetto: in fondo non c'è lucro, non esiste passaggio di danaro. E il collega sarebbe eventualmente colpevole di un ego spropositato fatto di millanterie e mitomanie che, ad occhio, non costituiscono reato.

«Anche se Coccia pare non sia nuovo ad azione del genere» prosegue Rufi «era nello staff di Alfio Marchini e lì pare abbia avuto problemi con le mail. E anche un noto direttore di quotidiano ha rischiato di pubblicare una sua intervista "esclusiva" a Riva dell'Ilva mai stata fatta. La sua vicenda ricorda quella di Claas Relotius il giornalista che ha rischiato di affondare lo Spiegel, già premiato come miglior cronista dell'anno ma del quale un collega scoprì i finti scoop. Però allo Spiegel c'erano gli anticorpi. Qui, quando Coccia s' è visto con le spalle al muro, credo si sia precipitato subito davvero da Paglia per organizzare il famoso incontro (dove non c'era il nostro vaticanista, guarda caso). Alla fine c'è stata solo udienza pubblica col Papa, a cui però io non sono andato ritenendola una presa in giro». Sta bene tutto. Ma - ripetiamo - nel giudicare Coccia, l'ottica non è giudiziaria, è etica. Si tratta di vedere se il comportamento del collega produca quanti e quali danni. La notizia è che Radio Radicale, ipergarantista - per tradizione - nei confronti del collaboratore che era a tutti gli effetti parte integrante della redazione non confermerà il contratto a Coccia. Il resto è in divenire

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