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Mafia, operazione Crash:

a Bagheria 11 arresti

Albina Perri
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Un'ordinanzadi custodia cautelare nei confronti di 11 presunti affiliati alla famigliamafiosa di Bagheria è stata eseguita all'alba, nell'ambito di un'operazionecongiunta condotta dai carabinieri del reparto operativo del Comandoprovinciale di Palermo e da agenti della Squadra Mobile della Questura. Iprovvedimenti restrittivi, che colpiscono i favoreggiatori del boss BernardoProvenzano, sono stati firmati dal gip Piergiorgio Morosini, su richiesta dellaDirezione Distrettuale Antimafia di Palermo. Gli arrestati devono rispondere, avario titolo, di reati che vanno dall'associazione mafiosa finalizzata alleestorsioni, alla detenzione di armi, all'intestazione fittizia di beni. Lacosca di Bagheria avrebbe imposto il pizzo anche sulla costruzione delle tombenel cimitero di Ficarazzi. L'operazione è stata denominata “Crash” dal nome diun'officina per la demolizione delle auto dalla quale scaturirono le indaginicondotte tra il 2005 e il 2006 dalla Squadra Mobile e dal Nucleo Investigativodei Carabinieri con l'obiettivo di individuare il circuito di fiancheggiatoriche coprivano la latitanza del capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano. L'attivitàinvestigativa, portata avanti dalle due forze di Polizia, si intersecòconsentendo di ricostruire i numerosi interessi economici del mandamentomafioso di Bagheria e il ruolo di primo piano svolto dagli indagati. Ilpersonaggio di maggiore spicco coinvolto nell'inchiesta è Simone Castello, 60anni, di Villabate (Palermo), già condannato per associazione mafiosa esottoposto a misure di prevenzione, arrestato in Spagna a Murcia, nei pressi diMadrid, dalla Guardia Civil in collaborazione con i carabinieri del ComandoProvinciale di Palermo. Nelle penisola iberica, dove si era trasferito,Castello gestiva una società di import-export di frutta e ortaggi, del valoreapprossimativo di 2 milioni e mezzo di euro, che è stata sottoposta a sequestropreventivo. Castello èstato condannato per mafia con sentenza definitiva nel 2005. Prima di tornarein carcere avrebbe avuto il tempo di ricoprire un ruolo di vertice nellafamiglia mafiosa di Bagheria, roccaforte di Provenzano. Nell'ordinanza di custodiacautelare firmata dal gip Piergiorgio Morosini, su richiesta dei pubbliciministeri Antonino Di Matteo e Marzia Sabella, viene descritto come unpersonaggio di spicco della rete di fiancheggiatori dell'allora boss latitante.Rete di cui avrebbero fatto parte anche Massimiliano Ficano (cognato diCastello), Giuseppe Comparetto e Stefano Lo Verso, considerati anelli terminalidella catena. Insieme al padre Leonardo, Simone Castello gestisce il depositodi autodemolizioni sulla strada statale 113, alla periferia di Bagheria,divenuto punto d'incontro fra gli indagati e imbottito di microspie dagliinquirenti. Subito dopogli arresti di Castello, Comparetto e Lo Verso, il potere sarebbe poi passato aFicano. È lui stesso a spiegare a Cristofaro Morici le gerarchie nel corso diuna conversazione captata nel deposito di automobili. È il 24 dicembre del2005: «Quando c'è qualche cosa, se c'è mio cognato fuori gliela faccio vedere alui, non devo dare spiegazioni a nessuno, tranne a mio cognato, in mancanza diOnofrio (Morreale) devo dare spiegazioni a mio cognato, in mancanza che non c'èOnofrio io non sono tenuto a dargli spiegazioni». Sulla parentela con Castello,Ficano avrebbe fondato la sua scalata al potere. In un'occasione si sarebberivolto al cognato per fare rimproverare Lo Verso e Comparetto che, a suo dire,gli avevano mancato di rispetto. Il 19 gennaio 2006 Ficano racconta a Moriciche Castello aveva partecipato ad un summit mafioso: «Aveva il soggiornoobbligato, è sceso per un'udienza, gli hanno dato sabato e domenica di starequa. Eravamo tutti dove c'è il capannone». Lo Verso e Comparetto erano statichiamati in disparte: «Ho sentito mio cognato che ha cominciato a gridare, sonodiventati gialli, rossi in faccia».

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