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Massimo D'Alema, l'accusa dei socialisti europei: "Ci deve mezzo milione di euro", battaglia in tribunale

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"Massimo D'Alema deve restituire 500mila euro": questo quanto sostiene la Feps, Fondazione degli studi progressisti anche detta Fondazione dei Socialisti europei, che ha avviato una causa giudiziaria nei suoi confronti. L'oggetto della causa prevede la restituzione da parte di D'Alema di mezzo milione di euro alla fondazione. Secondo la ricostruzione de la Repubblica, la somma di denaro sarebbe stata intascata in modo illegittimo dall'ex segretario dei Ds. Il segretario generale dell'Associazione, Laszlo Andor ha annunciato di aver "presentato l'azione legale venerdì scorso". D'Alema però non ci sta e controbatte: "Iniziativa immotivata. Andremo in giudizio e poi sarò io a chiedere i danni. Di certo è una vicenda che davvero mi amareggia".

Eletto presidente della Fondazione nel giugno del 2010, D'Alema ha ricoperto la carica fino al 2013 senza ottenere nessuna remunerazione. Lo stesso percorso quindi dei suoi predecessori e del suo attuale successore, Maria Joao Rodrigues. Tuttavia, le cose avrebbero preso una piega diversa nel momento in cui D'Alema ha terminato l'incarico di parlamentare nel 2013. Da lì in poi, fino al 2017, anno in cui l'ex leader dei Ds ha lasciato la Fondazione per uno scontro con l'allora segretario del Pd Matteo Renzi, le cose sarebbero cambiate. D'Alema avrebbe sottoscritto, insieme al Segretario Generale della Fondazione Ernst Stettern, un contratto da 120mila euro l'anno. 

 

 

Il problema è che la Feps è registrata in Belgio come associazione senza scopo di lucro. Ma le magagne non finiscono qui. Infatti, di questo contratto non sarebbe stato a conoscenza nessuno al di fuori di D'Alema e Stettern. Difficile che gli organi istituzionali della fondazione se ne rendessero conto dato che, stando all'inchiesta di Repubblica, i pagamenti non sarebbero avvenuti per via digitale e il contratto sarebbe stato attentamente custodito e mai mostrato. Una volta terminato l'incarico di Stettern come segretario generale, le cose però hanno preso una piega diversa.

Il subentrante Laszlo Andor, economista ungherese, sapeva che il Parlamento europeo avrebbe fatto richiesta di controllo sui bilanci della fondazione. Così, Andor ha iniziato a indagare sui flussi finanziari del Feps, in modo da continuare a garantire i sostanziosi finanziamenti pubblici provenienti da Strasburgo. Viene così avviato un audit interno e il dossier passa quindi ad un meccanismo esterno di verifica. Il risultato è sconcertante: nel 2017, anno in cui D'Alema lascia il posto di Presidente del Feps, vi sarebbe un sostanzioso e anomalo risparmio nel costo del lavoro. Si decide quindi di approfondire la questione ed ecco che emerge il contratto segreto tra D'Alema e Stettern.

 

 

La nuova dirigenza, preoccupata di non ricevere più i necessari finanziamenti europei, contatta l'ex leader diessino per chiedere indietro il mezzo milione che si era intascato. La risposta di D'Alema è però contrariata: "Lui (Ernst Stettner ndr.) aveva proposto di pagare le mie prestazioni intellettuali. Che ho fatto valutare da una società ad hoc: valgono di più di quel che mi hanno dato. E alla Feps ho anche regalato un libro senza pagare i diritti". Il 30 marzo si riunisce quindi l'Assemblea per deliberare sulla questione. La votazione non lascia strada alternativa se non quella di una causa civile. 25 fondazioni socialisti europee, di cui 4 italiane, hanno espresso 23 voti favorevoli al procedimento e 2 astenuti. L'incartamento è stato depositato venerdì 7 maggio presso il tribunale di Bruxelles. Si attendono ora gli sviluppi.

 

 

 

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