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Funivia Stresa Mottarone, il procuratore Olimpia Bossi: "Tutti i dipendenti sapevano"

giovedì 27 maggio 2021

2' di lettura

Olimpia Bossi, procuratrice della Repubblica di Verbania, ha coordinato il lavoro dei carabinieri con a fianco il sostituto Laura Carrera sull’incidente della Funivia di Stresa. "Abbiamo provato altro dolore e un amarissimo sconcerto quando ci siamo resi conto che il mancato funzionamento del sistema frenante era esito di una scelta. Qua non c’entra la negligenza, il pressappochismo, quell’errore umano che non rende immuni da responsabilità ma almeno genera una certa comprensione. Ci troviamo davanti a chi, a fronte di un proprio interesse, ha preferito mettere a repentaglio la vita degli altri", spiega amaramente.

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"Abbiamo cominciato a fare chiarezza: si tratta di una primissima risposta parziale ancorché terribile. L’indagine è appena cominciata, a monte c’è sempre la prima domanda: perché si è spezzato il cavo traente? Comunque saranno i periti a fornire le risposte che cerchiamo. Mi rimetto a chi questa materia la studia e la conosce. Gli operatori e le forze dell’ordine sul luogo del disastro domenica avevano scattato centinaia di foto, girato moltissimi video. L’intuito dei carabinieri ha portato subito a un approfondimento e martedì pomeriggio abbiamo convocato i dipendenti di Ferrovie del Mottarone per capire da loro di cosa esattamente si trattava. Lo hanno spiegato ed è emerso in modo inequivocabile: tutti sapevano che il freno restava aperto anche se non doveva", chiarisce in una intervista alla Stampa.

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"Il caposervizio Gabriele Tadini ha ammesso questa consapevolezza e ha dichiarato che si era fatta quella scelta perché si era sicuri che mai il cavo traente si sarebbe spezzato. Le anomalie erano state riscontrate al sistema frenante della cabina 3, quella schizzata nel vuoto, e in parte nella 4, che fortunatamente domenica si è fermata senza schiantarsi. Da quello che abbiano desunto la 3 viaggiava col freno disattivato da fine aprile, quando è ripreso il trasporto dei passeggeri. Tadini in azienda ha una posizione subordinata al titolare e al direttore dell’esercizio. Noi sosteniamo quindi che anche Nerini e Perocchio sapevano e volevano che si procedesse così per non fermare l’impianto per un controllo approfondito. Al momento gli altri dipendenti non sono indagati", conclude la Bossi. Ma, date le considerazioni che filtrano dalla procura, ogni sviluppo è possibile.

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