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Presepe femminista, l'ultima vergogna: ecco che fine fa Gesù (mentre la Madonna...). Scandalo a Cesenatico

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Lucia Esposito
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Che cosa c'è di più straordinariamente normale di un uomo che, appena diventato papà, culla il suo neonato con il tremore nel cuore e il timore che le sue braccia forti possano cedere sotto il peso di quella meraviglia? E che cosa c'è di più fortemente umano di un padre che lascia riposare la sua donna stremata dai dolori del parto e che, con uno stupore muto, resta in contemplazione del miracolo della vita? Oggi accade così (quasi sempre) nelle sale parto di tutto il mondo e potrebbe essere andata così anche duemila e ventuno anni fa, nella grotta di Betlemme.

 

 

NIENTE SCANDALI
San Giuseppe non era una statuina di creta come quelle che siamo abituati a vedere nei presepi, non era un ologramma che se ne stava impalato accanto a Maria contemplando a distanza suo figlio e incurante della stanchezza della sua donna. No, san Giuseppe era un uomo e un padre riservato ma non distaccato, era - come ha detto papa Bergoglio - «l'uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà». Per questo il presepe allestito dai volontari del circolo culturale Il Mulino nei giardini pubblici di Villalta, a Cesenatico, non deve far gridare allo scandalo i puristi della tradizione. Nessun revisionismo, nessuna provocazione, nessuna rivendicazione femminista: questo presepe è solo più coraggioso di altri quando rappresenta un san Giuseppe che prende tra la braccia Gesù.

 

 

«L'idea ci è venuta a marzo - spiega Mauro Moschini, uno degli animatori del presepe - . Ad agosto ci siamo messi a realizzare due nuove statue. Quelle di San Giuseppe che al centro della scena tiene in braccio il bambino, e di Maria distesa a riposare su un pagliericcio. Abbiamo ritenuto così di celebrare San Giuseppe, alla cui immagine la Chiesa ha dedicato il 2021. È un riconoscimento alla paternità, all'atteggiamento di amore del babbo verso il figlio e alla sensibilità e al rispetto mostrato nei confronti della donna, della madre, in questo caso Maria». Una Natività che finalmente toglie dalle quinte e riporta in primo piano il falegname di cui i testi sacri raccontano poco e che da sempre viene ingiustamente considerato un personaggio di secondo piano.

Se qualcuno vede in questo presepe una scelta femminista, beh allora questo è il femminismo che ci piace perché restituisce dignità alla figura paterna che molte donne vorrebbero ridurre a dispensatore di seme e di soldi. O di entrambi. Il padre è stato caricato di un cumulo di doveri- per lo più patrimoniali- ed è stato tristemente esautorato dalla vita dei figli. Il papà non è un orpello, una decorazione come un vaso di porcellana, non è neanche il bancomat da usare per colmare col denaro voragini affettive. Il padre è quello sguardo amorevolmente attento che vediamo negli occhi di questo san Giuseppe, sono quelle braccia forti che per tutta la vita saranno rifugio e approdo. Se le mamme mettono al mondo i figli, i padri li consegnano al mondo. Il presepe di Cesenatico ci piace perché, ribaltando il luogo comune di un san Giuseppe inerme, ci ridà l'immagine dei nostri padri, del loro primo abbraccio (e anche dell'ultimo, purtroppo, per chi come me quelle braccia le ha perdute eppure continua a cercarle).

LA RESPONSABILITÀ
San Giuseppe è una persona come tante, che da subito sente la gioia e anche la responsabilità di prendersi cura della sua famiglia. La sua fuga in Egitto non è la resa di un uomo debole, ma la scelta di un padre e di un marito che darebbe la vita per la moglie e il figlio. Lui non ha armi per difendere Gesù (che comunque non avrebbe usato) ma lo prende in braccio e cerca di metterlo in salvo. Con lo stesso slancio d'amore con cui il san Giuseppe di Cesenatico, davanti a Maria esausta, la lascia riposare nel giaciglio alle sue spalle e si prende cura del Bambino. Come oggi fanno tutti i papà. Come dovrebbero, o vorrebbero fare tutti i papà.

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