Santa Sede

Papa Francesco, "chi è davvero". Ratzinger e le teorie del complotto, le voci che scuotono il Vaticano

Marco Bardesono

Con un puntuale editoriale pubblicato su Libero di domenica 12 dicembre, Antonio Socci, ha difeso papa Francesco. Contrariamente a lui, io di Chiesa non scrivo mai. Il mio settore è la cronaca (meglio se nera), nuda e cruda. Ma alle spalle ho una militanza di diversi decenni in quel "mondo cattolico" di cui Socci scrive e parla spesso. Bergoglio è il Papa e come tale è il "dolce Cristo in terra", come lo definiva Santa Caterina da Siena. Tutte le obiezioni avanzate dall'elezione di Francesco in avanti su legittimità o rinunce, tacite, esplicite o presunte; usurpazioni, primato Petrino, schede piegate malamente e votazioni annullate nel conclave, lasciano il tempo che trovano. Perché un teologo di levatura gigantesca, quale è Ratzinger, non poteva certo partorire un successore portatore di handicap.

 

 

Tant'è che papa Benedetto non ha mai dato troppa corda alle teorie complottiste diffuse in ambienti e movimenti clericali, inappropriatamente definiti conservatori (perché i conservatori sono una cosa seria) che hanno dubitato e continuano a dubitare della piena e legittima autorità dell'attuale pontefice. Farlo, significherebbe, prima di tutto, depauperare Ratzinger delle sue conoscenze teologiche e della sua visione ecclesiale che lo rendono il più grande pensatore cattolico degli ultimi due secoli. Francesco è "un'altra cosa", non lo si può certo definire un "fine pesatore di teologia", un po' come tutti i preti che vengono "quasi dalla fine del mondo", da dove, gli unici nomi pervenuti sono quelli dei teorici del debolissimo e pericoloso pensiero della teologia della liberazione. I carismi di Bergoglio sono altri, ma si collocano, a buona ragione, nell'alveo della tradizione cristiana della Chiesa Cattolica.

 

 

D'altra parte anche Giovanni Paolo II non ha mai avuto l'ardire di definirsi teologo, appaltando a Ratzinger, Prefetto dell'ex Sant'Uffizio durante il suo pontificato, ogni attività speculativa sulla divinità. Lo ricordava lo storico portavoce papale Juaquin Navarro Valls che raccontava: «Ero estasiato nel sentire parlare il papa filosofo (Wojtyla) con il cardinale teologo (Ratzinger)». Chiunque sia, dunque, il Papa è "il dolce Cristo in terra" e Socci lo ha ammesso. Lui non è un figliuol prodigo e tale non deve esser considerato, per Socci nessuno ucciderà il vitello grasso: il suo è stato un viaggio con biglietto di andata e ritorno. Senza neppure spingersi troppo il là, come accaduto ad esempio al filosofo e teologo Raimon Panikkar, tornato all'ovile come prete cattolico (conservatore) dopo una lunga ricerca intellettuale che lo aveva portato davvero molto lontano. D'altra parte anche il papa può essere criticato, e lo aveva ribadito lo stesso Ratzinger quando già era pontefice e non ancora Emerito, presentando una delle sue ultime fatiche in materia di teologia: «Questo libro - disse - può essere criticato». Purché lo si faccia con carità. Ma non sempre le obiezioni mosse in questi ultimi anni a Bergoglio, in seno alla stessa Chiesa, sembrano essere fondate sulla più importante delle virtù teologali.

 

 

Socci lo ha ammesso per se stesso, e ciò non solo lo rende credibile anche in questa fase, ma è la dimostrazione della rettitudine di intenzione di un uomo di fede che si cimenta in una ricerca intellettuale. Non così si può dire di altri che continuano a vedere in Francesco l'ombra dell'Anticristo: ci sono preti, monaci e laici apparentemente devoti, ma anche vescovi smarriti (giusto per dirlo in modo caritatevole) e a cui viene l'orticaria quando il Papa parla di ultimi e di poveri, salvo poi non ascoltare le parole del pontefice quando tuona contro l'aborto o altrettanti e fondamentali temi etici. Insomma, c'è ancora una masnada confusa che dagli strali contro «l'antipapa argentino», passa con la massima leggerezza alle sciocche teorie complottiste sul Covid, negando il virus e indicando il vaccino come l'arma usata da Big Pharma per controllare l'umanità. La Chiesa risponde a suo modo, con un papa Francesco "descamisado" che domenica scorsa all'Angelus ha gridato al microfono e nella sua lingua: «Viva la Virgen de Guadalupe».