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Costa Concordia, bomba del fratello della vittima: "Schettino ha provato a salvare la nave", chi sono i veri responsabili

Giovanni Terzi
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«Per noi la cosa importante era quella di recuperare il corpo di mio fratello Russel e per questo non potrò mai ringraziare abbastanza le autorità italiane che immediatamente si sono prodigate in una ricerca che non era per nulla semplice». Chi parla è Kevin Rebello fratello di Russel, l'ultima vittima ritrovata, la trentaduesima, della tragedia della Costa Concordia di cui, il 13 gennaio scorso, si sono commemorati i dieci anni del naufragio all'isola del Giglio. Riavvolgiamo il nastro dei ricordi di quella drammatica notte dove apparentemente tutto sembra chiaro ma che, probabilmente, ancora non completamente si conosce. Erano le 21.45.07 del 13 gennaio 2012: la Costa Concordia partita da Civitavecchia alle 18 e 57 impattò contro gli scogli delle "Scole" davanti all'Isola del Giglio.

 

 

Nel naufragio persero la vita 32 persone e altre 157 rimasero ferite. A bordo c'erano 4229 persone tra passeggeri ed equipaggio. La vittima più giovane, Dayana, aveva 5 anni. Alle 21.04 la Concordia lascia la rotta usuale per effettuare una manovra di passaggio ravvicinato detta "inchino" sotto l'Isola del Giglio, una prassi consolidata e prevista prima della partenza, per omaggiare il maitre Tievoli. In plancia oltre al maitre, il commissario di bordo Manrico Giampedroni e distante appena fuori dalla plancia di comando la hostess moldava Dominika Cemortan, che tanto suscitò clamore. Accortosi di essere fuori rotta, ma non avvisato dai componenti del suo team di plancia, il Comandante Schettino ordina una serie di manovre nei secondi precedente all'urto, nulla da fare. La nave lunga 290 metri urta gli scogli riportando una falla di 70 metri sul lato sinistro. L'acqua arriva al ponte zero , generatore diesel e quadro elettrico vanno in tilt causando un black out. Alle 22 e 31 Schettino ordina l'evacuazione del personale e due minuti viene lanciato il segnale dei 7 fischi brevi seguito da uno lungo che indica l'emergenza generale.

La ricostruzione degli ultimi attimi di molte delle 32 vittime è prima il tentativo di salire sulle scialuppe sul lato sinistro, poi la fuga verso il lato destro rivelatosi fatale, non avendo trovato posti disponibili sulle lance. Alle 00.42 la Concordia è abbattuta sul lato dritto. Alle 1 e 46 la telefonata tra De Falco e Schettino che ha fatto il giro del mondo con il «Vada a bordo cazzo». Come spesso accade rimane impressa nella memoria collettiva un'immagine nitida, in questo caso quello della telefonata, come prova decisiva di una unica responsabilità. In realtà quella telefonata di De Falco era solo una delle sei intercorse tra le autorità marittime, Schettino e il capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno. Ritorniamo a Kevin, il fratello del giovane cameriere Russel, il trentaduesimo ed ultimo corpo ritrovato a bordo della Costa Concordia. Kevin dalle sue parole non traspare né rabbia né desiderio di vendetta, sentimenti spesso naturali. Come mai? «La nostra è una famiglia profondamente cattolica e credente. Veniamo dall'India, da Mombay, e per noi l'odio porta solo dolore mentre il perdono e la rassegnazione diventano un sentimento che permettono di superare il lutto».

 

 

Questo è davvero molto bello Kevin. Ma prima di arrivare a questo c'è stato almeno un momento di rabbia?
«Certo! Sono, anzi siamo, come famiglia esseri umani ed è naturale che siamo stati attraversati da sentimenti contrastanti. Il primo di sgomento, poi la rabbia, in quanto il tutto si poteva evitare, ed infine il perdono e la rassegnazione che ci hanno messo in pace prima di tutto con noi stessi».

Mi racconta qualcosa di suo fratello Russel. Come mai era a bordo della Costa Concordia?
«Mio fratello si era diplomato alla scuola alberghiera e nella vita avrebbe voluto fare il cuoco. Aveva un'abilità straordinaria con le mani e preparava dei piatti di verdura che erano dei disegni meravigliosi. Però era complicato trovare lavoro in cucina come cuoco ed era molto più semplice servire in sala come cameriere. Inoltre avevamo tanti amici che, tornati dai viaggi sulle navi da crociera, raccontavano la propria esperienza con entusiasmo. Così Russel si è appassionato ed ha deciso di cercare lavoro nelle grandi compagnie».

Ed ha trovato subito posto alla Costa Concordia?
«No prima aveva lavorato per altri armatori importanti di altre nazionalità finché non trovò posto a bordo della Costa Concordia».

Come è venuto a conoscenza di quello che era accaduto?
«Non guardo la televisione a casa ed in più la tragedia è capitata alla sera tardi. Così alla mattina apro il computer e sul motore di ricerca di Yahoo vedo l'immagine della Concordia sdraiata all'isola del Giglio. Mi è venuto un colpo. Ho provato a chiamare Russel ma non c'era nessuna risposta ed il telefono risultava muto. Entro sulla sua pagina Facebook e vedo messaggi a cui lui non risponde ma capisco che era su quella nave che stava lavorando».

Quindi cosa decide di fare?
«Di partire per l'isola del Giglio. Io abito e lavoro a Milano ma non conoscevo l'isola del Giglio e così, dopo aver chiamato il call-center della Costa Concordia ed aver visto che non rispondevano più, decido di andare sul posto. Mi faccio prestare duecento euro da un amico perché non potevo nemmeno permettermi il viaggio».

E quando arrivò al Giglio cosa vide?
«Vidi i primi corpi che venivano recuperati e mio fratello era dato disperso ma ci fu una cosa incredibile ...».

Mi dica ...
«Ad un certo momento la prima persona a cui chiedo di mio fratello e mostro la sua foto è un ragazzo, il cui nome è Riccardo, che fu l'ultimo a vedere Russel perché insieme stavano aiutando i passeggeri a prendere le scialuppe. Ma ad un certo punto quando la nave si sdraiò completamente perse la sua vista. La cosa incredibile è che la prima persona che ho visto a Grosseto ed a cui ho chiesto notizie è stata l'ultima ad aver visto in vita Russel».

 

 

Suo fratello fu l'ultimo ad essere recuperato come salma, vero?
«Si, io stetti mesi al Giglio e vi ritornai quando la nave venne raddrizzata per essere trasportata a Genova. Poi, improvvisamente a Genova, due anni e dieci mesi dopo il naufragio al ponte otto venne ritrovato il corpo di mio fratello e dopo 1090 giorni ci venne riconsegnato per poter celebrare le sue esequie».

Lei crede che il comandante Schettino sia l'unico responsabile di questa tragedia?
«Come le ho già detto questa tragedia poteva essere evitata innanzitutto con l'abitudine, pericolosissima e pubblicizzata dalla compagnia di crociere, dell'inchino. Il resto credo sia una serie di casualità davvero terrificanti e, mi creda, anche fortunate».

Fortunate?
«Se il comandante Schettino repentinamente non avesse fatto quelle manovre al timone e la nave si fosse chinata anche solo dieci metri più al largo le vittime sarebbero state migliaia e questo naufragio sarebbe stato davvero terrificante».

Perché dice questo?
«Perché dove si è appoggiata la Costa Concordia la profondità è di venti, trenta metri ma poco più in là ci sono centoventi metri di abisso. Lei provi a pensare quattromila persone che cercano di salvarsi nel mare gelato di gennaio con una profondità del genere».

Lei ha più sentito il comandante Schettino?
«Si, qualche volta e non ho per lui alcun rancore. Però adesso sono arrivato al Giglio per le commemorazioni ed ho bisogno un attimo di raccogliermi intimamente in preghiera per ricordare Russel ed il suo animo gentile».

*** Certo è che la dignità di Kevin mi ha colpito lasciato davvero. Mai ho sentito una parola fuori posto se non di perdono. Per tutti Francesco Schettino è il responsabile unico di un disastro mentre, probabilmente, così non è neppure per un familiare di una vittima. Forse una maggiore chiarezza, soprattutto da parte della informazione, andrebbe fatta per un desiderio di verità che è sempre utile ricercare. 

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