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Roma, la camera delle torture in un ristorante: "Prima ti taglio a pezzi, poi vado da tua madre", chi arrestano

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Non lasciano indifferenti le rivelazioni emerse sul gruppo di Daniele Carlomosti, arrestato insieme ad altre 13 persone su richiesta della Dda di Roma. Le accuse contestate sono di ogni genere e tutte molto gravi: vanno dall’associazione di narcotraffico all’estorsione, dal tentato omicidio alla detenzione illegale di armi. Per la Procura ci sarebbe anche l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso, che però non è stata riconosciuta dal gip. Ciò non toglie che fa orrore sapere che a Roma ci sia un’organizzazione criminale il cui capo è descritto come spietato e crudele.

 

 

Nelle 359 pagine che compongono l’ordinanza di custodia cautelare c’è di tutto: dalle gambizzazioni ai tentati omicidi, passando per minacce e torture. Per quest’ultime era stata allestita una vera e propria camera, che dai racconti e dalle intercettazioni sembrava essere ispirata a quella della serie tv Dexter. In un appartamento in zona Collatina c’era una stanza ricoperta di teli di plastica e utilizzata per seviziare chi non pagava i debiti di droga. Grazie a un trojan piazzato nel telefono di uno degli indagati gli investigatori hanno potuto ascoltare alcune delle torture.

 

 

Come quella dell’11 dicembre 2018, quando a finire nella camera degli orrori era stato Maurizio Cannone, colpevole di non aver ripagato un debito di oltre 60mila euro. Dopo essere stata legata e spogliata, la vittima aveva subito minacce e violenze per ore: “Basta Daniè - implorava Cannone, come emerso dalle intercettazioni - mi gira la testa, mi stai ammazzando”. “Ti taglio prima a pezzi - la risposta - e poi mi vado a prendere i soldi della famiglia tua… ti sto ammazzando, stai per morire, ora telefoni a casa e dici di farmi entrare”. Cosa che è poi effettivamente avvenuta: Cannone era stato fotografato e filmato, con il materiale che era poi stato girato a familiari e amici con la richiesta (accolta) di un riscatto. Alla luce di queste intercettazioni, non sorprende che persino uno come Massimo Carminati, conosciuto come “il re del Mondo di Mezzo”, avesse timore di Carlomosti e del suo gruppo: “Quelli so brutti forti”, aveva sentenziato nel 2013.

 

 

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