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Terrorismo, "fammi lavorare. Tra due mesi...": la frase che nasconde un incubo per l'Italia

Mauro Zanon
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«Fammi lavorare due mesi e poi troviamo la nostra tana. Due mesi e comincio a comprare le armi». A pronunciare queste parole è stato il 33enne pakistano T. Y., residente a Chiavari, il principale indagato della maxi operazione antiterrorismo scattata ieri all'alba, che ha portato all'arresto di 14 persone vicine al fondamentalismo islamico in tutta Europa.

T. Y., che aveva ottenuto lo status di rifugiato nel 2015, stava cercando di costituire cellule terroristiche operative sul territorio italiano, reclutava correligionari estremisti pronti a commettere azioni violente e su Tik Tok incitava a uccidere i «blasfemi», mettendosi in scena con coltelli di grandi dimensioni, mimando il gesto dello sgozzamento e declamando canti che inneggiavano al jihad.


GRUPPO GABAR L'indagine che ha spinto il tribunale di Genova ad emettere 14 ordinanze di custodia cautelare è stata condotta dalla Direzione distrettuale antiterrorismo, in collaborazione con la Digos di Genova, il Servizio per il Contrasto all'Estremismo e Terrorismo Esterno della Polizia di Stato e gli Uffici Antiterrorismo di Spagna e Francia coordinati dall’europarlamento Counter Terrorism Centre di Europol. Il reato contestato agli arrestati, quasi tutti originari del Pakistan, è associazione a delinquere con finalità di terrorismo internazionale. L'inchiesta è a Genova perché T. Y., il principale bersaglio del blitz, vive nel Chiavarese come rifugiato dal 2015, ma la maggior parte degli individui attualmente in custodia cautelare si muoveva fra l'Emilia Romagna, la Spagna e la Francia. Il punto di svolta dell'inchiesta è coinciso con il rientro di T. Y. in Italia dalla Francia nell'aprile del 2021 (Oltralpe era stato arrestato nel febbraio dello stesso anno per porto d'armi: girava con un grosso coltello). Dalle indagini è emersa l'esistenza di ramificazioni della cellula terroristica guidata da T. Y. in diverse province italiane, ma anche in Spagna e Francia. La cellula, inoltre, è riconducibile ad una più vasta rete di giovani pakistani ribattezzata Gruppo Gabar e tutti gli indagati hanno contatti diretti con Zaheer Hassan Mahmoud, colui che nel marzo del 2021 accoltellò un uomo e una donna a Parigi davanti all'ex redazione di Charlie Hebdo, a rue Nicolas-Appert. Mahmoud era un membro del Gruppo Gabar in Francia, e due mesi prima dell'attentato si era fatto una foto a Place du Trocadéro, sullo sfondo della Tour Eiffel, assieme ad alcuni dei pakistani arrestati ieri. Lo scatto era stato anche pubblicato sui social con la didascalia: «Abbiate un po' di pazienza...ci vediamo sui campi di battaglia».

OPERAZIONE EUROPEA In Italia, nel quadro dell'operazione, sono sei le persone arrestate: due a Genova, una a Firenze, una in provincia di Reggio Emilia, una a Bari e una a Treviso. Il nostro territorio, secondo gli inquirenti, era il luogo privilegiato per il supporto logistico del Gruppo Gabar. A fine settembre 2021, su mandato di arresto europeo emesso dalla procura antiterrorismo di Parigi, era stato arrestato un diciannovenne pakistano, Ali Hamza, 19 anni, legato all'attentatore della rue Nicolas-Appert (era stato incaricato di diffondere il video di rivendicazione dell'attacco) ed era anch' egli riconducibile al Gruppo Gabar. «Si tratta di una delle più importanti operazioni contro il radicalismo islamico in Italia. Da quando faccio antiterrorismo, e sono tantissimi anni, 14 ordinanze non le ricordo. Questo dà la dimensione non nazionale ma europea dell'operazione», ha dichiarato ieri Diego Parente, capo della Direzione centrale della polizia di prevenzione: «Questa operazione è l'esemplificazione di quello che è il sistema italiano di contrasto al terrorismo: noi non aspettiamo che accadano i delitti, noi abbiamo come stella polare la prevenzione».

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