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Pantelleria, una tragedia umana: ma il Corriere piange solo per i Vip

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Renato Farina
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La gente comune, detta anche popolo bue, non conta proprio niente. Esempio? Pantelleria in fiamme, un popolo in fuga. Ma per il Corriere della Sera esistono solo Giorgio Armani e, un passo indietro, Myrta Merlino (La7, L'aria che tira) e Marco Tardelli (gooooaaaallll!). Chiarisco: meritano tutti e tre un monumento, ma bisognerebbe guardare anche la folla ai piedi delle loro gigantografie. Invece non accade. Non è un caso ed è una tragedia. Il Corriere non è un foglietto di nicchia, è la voce dell'establishment, che oggi si occupa solo di sé stesso. Questo crollo abissale dell'informazione, e proprio di quella ritenuta più autorevole, ha conseguenze di disfacimento sociale. Il dislivello pauroso tra l'attenzione rivolta a quanto accade alla massa dei senza potere, trattati come un mucchio di deficienti senza nome, e la cura deferente della grande stampa verso i Vip, preoccupata persino per le suppellettili della loro seconda o terza casa, è una ferita per la comunità e per la democrazia. Genera scelte irrazionali: quella di rinunciare anche a quella gocciolina di potere che è il voto.

ABBANDONO
L'astensione, che il 25 settembre minaccia di essere devastante, nasce da questa percezione di abbandono. Sono i dimenticati, i «forgotten men» di Trump. Glielo lo sbattono proprio in faccia che sono uno stuolo indistinto non di persone ma di consumatori, trattati come se la loro stessa anima sia protesa sempre e solo a sapere come sta la/lo influencer preferita/o, o il/la Vip. Questi ultimi, e solo loro, sono (very important) persons, e considerati come tali, con un destino e un valore che non hanno prezzo. Ma non dovremmo esserlo tutti? Non pare. Per una verifica, vedasi la prima pagina di ieri del giornale numero 1 in Italia per tradizione, diffusione (in calando), e per quanto se la tira. Ecco la mia testimonianza di cronista provinciale. Piccola scena al bar pasticceria in Alta Brianza. Seduto al tavolino, tengo aperto l'Ipad sulla prima pagina del Corriere (sono abbonato benemerito, persino in regola coi pagamenti: gli addetti in via Solferino controllino).

Con le dita allargo la fotografia al centro: è tremenda e stupenda. Pantelleria è in fiamme, in lontananza la collina sembra avvolta da un colata di oro fuso: giallo, arancione, rosso. Ma non è oro, è tragedia per un'isola che è un mito per tutti gli italiani sin dalle elementari. L'immagine ha una potenza evocativa tale da sfidare quelle inviate da sonde spaziali prima di sbattere sul sole o nell'istante in cui si imbattono in una super-nova. I colleghi sono stati bravissimi. Ci sentiamo minuscoli e insieme commossi. Un fiore splendente, che brucia dentro di noi. Il giorno stesso, anzi poche ore prima, era stata diffusa orgogliosamente la notizia che in questa terra dal sapore omerico era stata scoperta una nuova specie di grillo, e il Parco nazionale dell'Isola chiedeva ai panteschi, e a chi ama questo tempio primordiale della natura, di trovare un nome all'inedito insetto canterino. Poi l'apocalisse, al 90% dolosa, essendo scaturita da due focolai distinti e contemporanei. Dopo la scossa mitologica, la domanda terra terra: e quella povera gente? I 7.765 abitanti che futuro avranno? E tra i turisti ci sono feriti, gente all'addiaccio?

Mi accorgo che i vicini del bar hanno sguinzagliato le pupille. La ragazza dalle lunghe ciglia, in difficile equilibrio con il vassoio di cappuccino e pizzette, spalanca gli occhioni e rovescia la tazza per l'emozione. Accade oggi, a nostri fratelli, alla nostra Italia. «Doppio rogo a Pantelleria», è la prima riga del titolo. Una signora - come usava una volta negli scompartimenti dei treni, e si cercava di leggere il giornale degli altri guardando di sguincio - si palesa furibonda, dopo aver letto la seconda riga che è il punto forte della notizia: «In fuga anche Armani». Sopra la foto compaiono poi i nomi di Myrta Merlino e di Marco Tardelli, anch'essi evocati ed evacuati. La donna abbronzata non resiste e mi chiede di leggere ad alta voce.

IL RACCONTO
Ecco il cuore dell'articolo, che trascrivo: «Giorgio Armani aspetta i suoi ospiti con lo sguardo rivolto alla montagna. Preoccupato. Subito. Un istinto naturale. Ha già fatto chiamare tutti: carabinieri, vigili del fuoco. Sono le 19 e 55. Alle 20.10, gli ospiti della meravigliosa casa dello stilista a Gadir sono seduti per l'aperitivo. Dentro. Fuori fa troppo caldo. Maledetto caldo, 49 gradi il picco. Ma non Giorgio. Lui non riesce a stare seduto. Giusto pochi secondi. Poi si alza. Entra ed esce. Chiede. I suoi collaboratori salgono e scendono. Tempo cinque minuti e arriva l'ordine, perentorio: "Signor Armani dobbiamo andare". Tutti nei van, in due minuti. Lo stilista è il più calmo. Ma si volta indietro: "40 anni della mia vita, non è giusto. Per me e per Pantelleria. Dover scappare così, di notte". Un solo attimo per prendere poche cose e fuggire.

Evacuare. Al porto, verso la barcaper trovare ripari. Ma nel tragitto lo stilista non fa che pensare alla sua casa, si assicura che tutti siano usciti.... Il pensiero agli amici vicini di casa: "Avete avvisato Myrta e Marco?". Merlino e Tardelli: sono in fuga anche loro. Per ora le case di Armani e Tardelli non paiono toccate dalle fiamme». La morale? Quella del bar è questa: «Ci trattano come deficienti, interessano solo i Vip». Con un salto logico imprevedibile, la donna morde rabbia e brioche, e sintetizza: «Sono tutti uguali, io non voto nessuno». Replico: «Ma sì, facciamoci del male da soli: tanto a loro va sempre bene». Devo sembrare un marziano. Domani sull'Ipad provo a sfoggiare Libero.

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