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Paolo Crepet inchioda gli eco-attivisti: "L'unica cosa che conta per loro"

Paolo Crepet

Claudia Osmetti
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Ieri hanno bloccato l’autostrada A4 tra Torino e Milano. Ad aprile si sono seduti in mezzo al traffico sul Gra, il Grande raccordo anulare di Roma. Nel capoluogo lombardo hanno prima (era marzo) imbrattato la statua equestre di Vittorio Emanuele II in piazza Duomo e dopo (a luglio) se la sono presa con le impalcature per il restauro. A Londra hanno lanciato la zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh; agli Uffizi di Firenze si sono incollati al vetro della Primavera di Botticelli; nei Musei Vaticani si sono beccati una multa di oltre 1.600 euro per essersi incollati, di nuovo, alla base della statua di Laocoonte. «Premesso il rispetto per tutte le generazioni, quelle di oggi e quelle di ieri, però con Ultima generazione siamo davanti a uno scenario contraddittorio». Lo psichiatra, sociologo e saggista Paolo Crepet è uno che va al sodo: «Ma me lo dice lei che senso ha chiedere un mondo più pulito sporcandolo?».

Dottor Crepet, la chiamavo per fargliela io, questa domanda...
«Glielo dico io, c’è un’evidente contraddizione di fondo. Perché questi ragazzi continuano con una scelta un po’ sadica degli obiettivi e dei metodi che utilizzano».

Urca, addirittura “sadica”. Non è troppo?
«Richiamano la nostra attenzione sugli errori che abbiamo commesso, cioè vogliono la nostra sensibilità. Ma lo fanno in maniera insensibile perché se ne fregano sia dell’operaio che deve andare a lavorare e che timbrerà il cartellino in ritardo perché loro hanno fermato una strada sia della signora che magari ha un appuntamento dal medico e se lo perde finisce in lista d’attesta e...».

La fermo perché è questo il punto. Sacrosanta la battaglia per un pianeta più pulito, nessuno di noi è così folle da voler vivere in un mondo inquinato. Però Ultima generazione sta sortendo un effetto opposto. Anziché fare proseliti s’inimica mezza popolazione. Ieri, sull’A4, gli automobilisti erano imbufaliti. Cosa li spinge ad agire così?
«I social».

Diretto. In che senso?
«Se ci fa caso, nei loro blitz c’è sempre qualcuno che riprende e più si crea del trambusto più quei video diventano virali. È qualcosa che ha anche a che vedere col nichilismo, ma principalmente a loro non importa ottenere consenso, se mi passa il termine poco elegante, sul terreno. A loro interessa avere seguito on-line e basta. Lo sa perché non fanno delle manifestazioni, dei cortei tradizionali?».

Perché? 
«Perché alla fine, stringi stringi, sono in pochi».

Ha parlato anche di nichilismo, in che modo c’entra?
«Il nichilismo è fare cose nella totale ignoranza dei diritti degli altri. “Io esisto a prescindere dal rispetto per te”. Se lo ricorda cosa è successo in Germania?».

Quando è morta quella ciclista che stava aspettando i soccorsi e l’ambulanza si è ritrovata nel traffico per un loro sit-in improvvisato?
«Esattamente. Bisogna pensare a queste cose, invece qui non si dimostra quella sensibilità che viene richiesta agli altri». 

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