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Zuncheddu, 33 anni in carcere da innocente? Chi lo ha incastrato non andrà in cella

Simona Pletto
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Dodicimila giorni dietro alle sbarre senza colpe, un viaggio all’inferno durato mezza vita. Eppure nessuno tra i responsabili di quel grave errore giudiziario pagherà il conto per tutto il danno e il dolore arrecato. Alla peggio, «i tre testimoni che dichiararono il falso incolpando un innocente, subiranno un processo ma non faranno un giorno di carcere». $ pronto a scommetterlo l’avvocato Mauro Trogu di Cagliari, il legale che ha seguito la lunga e assurda vicenda giudiziaria di Beniamino Zuncheddu, l’ex pastore sardo di Burcei (Cagliari), condannato - seppur innocente all’ergastolo per la strage del Sinnai dell’8 gennaio 1991 in cui morirono tre pastori legati all’Anonima sequestri sarda. Furono uccisi a colpi di fucile, all’interno di un ovile, Gesuino Fadda, 56 anni, il figlio Giuseppe, di 24 anni e Ignazio Pusceddu, 55enne, che lavorava alle dipendenze dei due.

Venne ferito Luigi Pinna, oggi 62enne. All’epoca Zuncheddu aveva 27 anni, venne fermato dopo pochi giorni e iniziò per lui un calvario giudiziario la cui parola fine è arrivata dopo 33 anni. 

ULTIMA UDIENZA
Zuncheddu, oggi 59enne, venerdì sera all’ultima udienza del processo di revisione è stato assolto dalla Corte d’Appello di Roma “per non aver commesso il fatto”, come richiesto dal pg Francesco Piantoni. I giudici hanno inoltre disposto il rinvio degli atti, relativi a tre presunte false testimonianze, alla Procura di Roma. Questo perché, durante la revisione del processo, sono venuti a galla depistaggi e bugie, ritrattazioni e false testimonianze che hanno contaminato le prove e fuorviato gli iter processuali. In particolare, quella dell’allora poliziotto che svolse le indagini e che mostrò a uno dei testimoni, l’unico ferito sopravvissuto alla strage, una foto di Beniamino Zuccheddu suggerendone la conferma dell’individuazione.

REATI
«Sono passati più di 20 anni – spiega l’avvocato Trogu -, e il reato di falso o calunnia per lui non è più perseguibile penalmente. Però le false testimonianze emerse e quindi commesse in sede di revisione del processo sono ora perseguibili. Adesso comunque è la Procura di Roma che dovrà valutare se i tre testimoni hanno detto il falso. In tema di contraddizioni, basta dire che uno di loro è stato sentito nei diversi gradi di giudizio ben otto volte». Secondo il legale, ma anche secondo il pg che ha sintetizzato il caso giudiziario parlando di «... menzogne durate 30 anni», le discordanze sono state numerose. Eppure si è dovuto attendere 32 anni e la ritrattazione del testimone chiave, che ha fatto così cadere la prova principe contro Zuncheddu, per far emergere la verità. Ora rischiano un processo l’agente di Polizia Mario Uda, insieme all’unico superstite Luigi Pinna, e a sua moglie Daniela Fadda. Sarebbe stata proprio lei a spingere gli inquirenti verso un movente che riconduceva a Zuncheddu, che all’epoca aveva 27 anni. Le forze dell’ordine infatti arrivarono a lui per via dei contrasti che in passato aveva avuto con i Fadda.

SCREZI
Nei mesi precedenti alla strage erano stati segnalati episodi di vacche uccise, cani impiccati e diverbi sfociati in aggressioni e minacce di morte. Tanto bastò ad arrestarlo, perché l’unico imputato non aveva un alibi solido e non riuscì a dare spiegazioni convincenti alla procura. Se Zuccheddu è stato dichiarato “innocente”, gli autori della strage del Sinnai sono rimasti dunque impuniti. «$ così – conferma Trogu -. E più passa il tempo e più è difficile individuare i responsabili. Ma ora non è detto, se si riaprirà un altro processo e se i testimoni racconteranno la verità, si potrebbe ricostruire quanto accaduto.

La nostra ipotesi, è che quella strage fu in qualche modo legata al sequestro di Giovanni Murgia. Abbiamo sempre sostenuto – precisa il legale – che un’azione criminale di quel genere non poteva avere un movente legato a litigi tra pastori. E che quindi le persone uccise potevano essere testimoni scomodi di quel sequestro». Tornando ai tre responsabili del “depistaggio”, l’avvocato di Zuncheddu ribadisce. «Se verranno chiamati a processo e se verranno riconosciute le false testimonianze, cosa peraltro non facile da dimostrare, ciascuno dei tre, essendo tutti senza precedenti penali, non andrà di sicuro in cella. Anche se in questo caso potrebbe essere riconosciuta la gravità del reato visto il clamoroso caso giudiziario, la pena potrebbe arrivare fino a 3 o al massimo 4 anni». 

Ora il difensore dovrà attendere cinque mesi prima di poter avviare una causa risarcitoria per il suo assistito. «Guardi, sinceramente non conosco la velocità con cui potrà essere riconosciuto il risarcimento. Non esistono in questo caso tabelle per valutare il danno. Temo che i tempi non siano brevi». E confida: «Nel frattempo, si prenderà cura di lui la sorella, perché Beniamino, che non si è mai potuto fare una famiglia, è una persona sola. Se passerà troppo tempo, non so chi si potrà far carico di lui. Spiace constatare che, in un delicato caso come questo, lo Stato non si possa attivare subito per dargli una mano non dico per ricominciare a vivere, ma almeno per poter sopravvivere con la dignità che merita».

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