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Roma, se per i tavolini all'aperto il Comune ha perso 12 milioni di euro

Chiara Pellegrini
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Il Comune di Roma continua a non riscuotere dai propri debitori. E non per una maldisposizione o morosità dei soggetti ma perché il Campidoglio non invia i bollettini per i pagamenti. La storia sembra surreale per una città che solo il 31 gennaio 2025 chiuderà la gestione commissariale, quando si avrà finalmente una quantificazione chiara e precisa del debito che la Capitale ha accumulato fino al 2008.

Eppure nell’ultima commissione di Bilancio del I municipio si sono resi conto che ci sono 9 milioni di euro mancanti dalle occupazioni di suolo pubblico (Osp), riferiti agli anni 2022 e 2023. Non solo. Mentre nel 2021 il Comune ha esentato dal pagamento della tassa gli esercenti, non risultano entrati nelle casse del Municipio neppure 3 milioni del 2020, denaro che rischia di andare perduto perché dopo cinque anni scatta la prescrizione. In buona sostanza mancano all’appello dodici milioni e la colpa non è per una volta dei titolari dei locali. Come anticipato dal Corriere della sera mancano addirittura i moduli per richiedere ai titolari dei locali quanto dovuto per i tavoli all’aperto e il Municipio ora è in difficoltà. Questo perché la metà dei soldi percepiti dalla tassazione, per regolamento, dovrebbe andare direttamente nelle casse dei municipi.

Non pochi spiccioli a mancare se si considera che a Roma negli ultimi tre anni, a seguito della pandemia di Covid-19, la superficie occupata sulle strade e sui marciapiedi da tavolini e dehor è aumenta di cinque volte, con un totale di 4.300 richieste, di cui la maggior parte è concentrata nel I municipio, che racchiude Centro storico e i quartieri limitrofi: oltre 46mila metri quadrati occupati dai tavolini sui 112mila delle restanti zone. E che a dicembre il sindaco Roberto Gualtieri ha deciso di aumentare le tariffe per l’occupazione. Infatti secondo le stime di Fipe Confcommercio, in alcune zone di Roma si è passati da 287 euro al mese al metro quadro nel 2013 a 413 euro al mq nel 2024. Un aumento del 44% che fuori dalle vie principali o del centro storico si aggira intorno al 20%.

 

MAZZATA

I commercianti si trovano di fronte ad una doppia mazzata, non solo l’incremento dei costi ma la ricezione dei bollettini, solitamente inviati trimestralmente, accorpata. Dunque anziché a gennaio ed aprile saranno costretti a pagare le prime due rate contestualmente perché il Comune ha tardato nel fare i conti con le nuove tariffe. Da Roma Capitale assicurano «solo un lotto dei bollettini potrebbe essere arrivato in ritardo», vale a dire dopo il 15 marzo, «qualora qualcuno di questi commercianti avesse ricevuto il bollettino oltre la data di scadenza, nessuno applicherà la mora». Roma non è nuova a mancare gli incassi, solo pochi mesi fa Roma Metropolitana è finita nel mirino della Corte di Conti. Un buco da 30 milioni di euro all’anno perché i noleggiatori romani eludono le imposte ponendo la sede operativa «nell’area metropolitana di Roma e sede legale nelle provincie autonome di Trento o Bolzano, dove è prevista una minore imposizione fiscale per la trascrizione degli autoveicoli rispetto a quella delle Province ubicate nelle Regioni a statuto ordinario». Altrettanto non è una novità quella di tardare l’invio dei bollettini per i pagamenti. In autunno è accaduto con il cedolino della tassa sui rifiuti (Tari). La rata era infatti in scadenza a novembre ma l’Ama, l’azienda che si occupa della raccolta, non aveva inviato per tempo il bollettino ai cittadini, salvo poi recapitare ricche sanzioni per ritardo della corresponsione.

 

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Il caso era stato sollevato da un istituto di suore nel quartiere Gianicolense, che aveva ricevuto una multa da 1.025,49 euro da pagare entro il 9 febbraio 2024. L’azienda si era poi giustificata spiegando che «nel periodo interessato si sono verificati ritardi fisiologici di acquisizione dei dati», annullando le multe. Secondo una rilevazione de Il Sole 24 ore solo a Roma sono ancora scritte in bilancio entrate accertate ma non riscosse per 3,36 miliardi di tributi (titolo I dell’entrata) e 4,49 miliardi fra multe e tariffe. Per un totale di 7,86 miliardi di euro, una somma che basterebbe da sola a tagliare di quattro punti, invece dei due a cui lavora il governo, l’aliquota Irpef dei redditi fra 15 e 28mila euro: in tutta Italia, però, non solo a Roma.

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