Passi indietro

Cremona, vince Valditara: la scuola cancella il "digiuno islamico"

Claudia Osmetti

E alla fine (proprio alla fine visto che il Ramadan si concluderà tra meno di sette giorni, cioè martedì prossimo che è il 9 aprile) la preside dell’istituto comprensivo G. Bertesi di Soresina, in provincia di Cremona, ritira la sua tanto discussa circolare sul mese di digiuno islamicoDaniela Romano, la dirigente scolastica, ha «comunicato formalmente al personale il ritiro della nota in quanto avrebbe potuto generare disagio e confusione nella comunità scolastica», fa sapere, a metà pomeriggio di ieri, il ministero dell’Istruzione, rimarcando che «tale decisione è stata anche il frutto dell’intervento e della proficua interlocuzione che il ministero ha tenuto con la dirigente».
Tutto concluso, quindi. Tutto rientrato. Un dietrofront in piena regola che inizia qualche settimana fa (dopo che la scuola Iqbal Masih di Pioltello, nel Milanese, sempre in Lombardia, opta per chiudere i battenti in concomitanza con la festa di fine Ramadan, suscitando un vespaio politico-polemico), quando Romano firma e manda ai suoi docenti un documento, nell’oggetto c’è scritto: “Informazioni sul Ramadan e linee guida per il personale”. 

 

 

Sono due paginette, davanti e dietro, scritte fitte fitte, e fanno presto a uscire dai cancelli del plesso di Soresina per arrivare sui giornali e in televisione, anche su quelli nazionali, sui social e su internet: dicono, le “linee guida” di Romano, che «si prega di evitare di consumare cibo o bevande in luoghi pubblici all’interno della scuola come segno di rispetto per coloro che stanno osservando il digiuno», oppure che, per lo stesso motivo, sarebbe meglio «favorire le interrogazioni e le verifiche programmate e posticipare le prove dopo la prima settimana di Ramadan» o ancora che è consigliabile «essere comprensivi e offrire flessibilità nel caso (gli studenti musulmani, ndr) abbiano bisogno di riposo supplementare o di adeguamenti nelle attività didattiche».

 


Però non fila tutto liscio. Nel senso che un po’ monta la discussione e un po’ l’Ufficio scolastico regionale della Lombardia alza le antenne. Che vuol dire, per esempio, che è meglio non mangiare a scuola? Anche nei locali adibiti proprio a questo, ossia anche in mensa? E allora i ragazzini che non lo seguono, il Ramadan, che fanno? Di punti che non tornano (o tornano poco) ce ne sono diversi e l’ex rettorato lombardo solleva anche una questione di carattere tecnico: il tema è delicato, verissimo, ma le modalità per elargire “suggerimenti” e “consigli” ai prof non è quella di una circolare della preside. Spetta, semmai, al collegio dei docenti disporre i criteri e le modalità delle verifiche: considerazioni che vengono prese ogni anno, sì, ma a settembre, non a metà quadrimestre. Sulla questione, nel frattempo, cioè nel tempo tra cui l’Ufficio scolastico della Lombardia scrive a Romano e aspetta una sua risposta a mo’ di chiarimento, interviene anche il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara.

 

 

 

Lo fa proprio qui, sulle pagine di Libero. Dice, Valditara che «l’osservanza delle regole sempre e comunque, il rispetto che deve essere reciproco ed evitare di creare “discriminazioni al contrario”» sono tre capisaldi dai quali non si scappa. Le norme «vanno rispettate anche in questo caso». E allora ecco che si arriva al fine epopea, quello di ieri. Quello per cui Romano chiarisce che «il contenuto della nostra circolare è solo quello di fornire un contributo per promuovere un ambiente inclusivo e rispettoso in cui tutti gli individui si sentano accolti e supportati» (intento, tra l’altro, che non ha mai smentito chicchessia) epperò ritira la nota diffusa a scuola. Amen, Insciallah o quel che vi pare. Non fa differenza, dopotutto.