Perfettamente identici nella foggia e nei colori agli originali i 10mila Labubu falsi, sequestrati dai finanzieri del Comando provinciale di Palermo in sette negozi della città, gestiti da cittadini italiani e stranieri. Riprodotti con materiali di qualità inferiore ma con una cura tale, hanno spiegato gli investigatori delle Fiamme gialle, da «rendere difficile per un comune acquirente distinguerli dagli esemplari autentici». Un vero e proprio mercato parallelo del contraffatto, con un giro d’affari di oltre 500mila euro, quello scoperto nei giorni scorsi dai Baschi verdi del Gruppo Pronto impiego, che hanno denunciato i titolari dei sette esercizi commerciali. Ai negozi i finanzieri sono arrivati, oltre che attraverso attività classiche di controllo del territorio, anche per un capillare monitoraggio dei canali social. On line, infatti, alcuni dei commercianti già pubblicizzavano i pupazzi per la grande vendita di Natale.
Quanti ragazzini (e quante giovani donne) ci sarebbero cascati pensando di aver trovato sotto l’albero l’originale. E invece... La febbre di Labubu è ormai alle stelle, tra file interminabili fuori dai negozi e tantissimi video su TikTok. Ma cos’hanno di così speciale queste piccole creature dalle lunghe orecchie da folletto e un’espressione che oscilla tra l’innocente e il diabolico? Sono state ideate dieci anni fa dal designer di Hong Kong (cresciuto ad Amsterdam) Kasing Lung. Che ha iniziato a pubblicare la serie The Monsters (nota anche come Nordic Fairy Tale), profondamente influenzata dalla mitologia nordica.
Nel fantastico mondo di Lung popolato da “Mostri” spicca il personaggio di Labubu, che tra l’altro è una femmina un po’ bruttina, sempre pronta a creare il caos, all’interno della sua tribù completamente al femminile, anche se il leader, Zimomo, è un maschio. All’inizio nessuno se li filava. I primi Labubu realizzati da How2Work venivano acquistati da pochi intenditori, in un mercato ancora timido e lontano dai riflettori. Sono usciti allo scoperto nel 2019 in seguito alla collaborazione con Pop Mart. Ma il fenomeno è esploso nell’aprile 2024 quando Lisa delle Blackpink, amatissimo gruppo pop sudcoreano, è stata fotografata con una Labubu appesa alla borsa. Poi a farli conoscere in tutto il mondo ci hanno pensato influencer e star del cinema e della musica sfoggiandoli e facendoli diventare oggetto del desiderio non solo dei più giovani ma anche di collezionisti e fashionisti, disposti a spendere qualsiasi cifra. Persino Alcaraz ne ha ricevuto una in regalo da Zheng Qinwen, la tennista cinese vincitrice di cinque titoli Wta. Sedotta da questi mostriciattoli anche Pharrell Williams, artista e direttore creativo della linea uomo di Louis Vuitton, che ha messo all’asta tredici esemplari speciali (base di partenza: 300 dollari).
Di Labubu ne esistono più di 300 versioni, non solo di peluche, ma anche opere d’arte e statuine. I mostri prendono vita sia nelle gallerie che nei grandi magazzini. L’artista e illustratore, che ha tenuto la sua prima mostra a Tokyo (This is What It Feels Like) nel 2020 e cinque anni dopo è stato uno dei protagonisti di Art Basel Hong Kong, ne è felice. Di solito questi pupazzi dal sorriso dentato vengono venduti ad un prezzo di partenza di 35 euro e possono toccare anche i 130mila euro come successo ad un esemplare, venduto a Pechino da una delle più importanti case d’asta mondiali, la cui imitazione era in vetrina in uno dei negozi indagati a Palermo. Quello che emerge è che i falsari hanno operato con chirurgica precisione per realizzarli e venderli senza fattura su canali non ufficiali o piattaforme e-commerce a prezzi leggermente ribassati con loghi, colori e confezioni del tutto simili a quelli originali.
Circa tremila sono stati trovati persino nel magazzino di un negozio di giocattoli di una nota catena di distribuzione, all’interno di un centro commerciale di Palermo. Tarocchi ma praticamente identici agli originali. «Negli ultimi sequestri effettuati abbiamo constatato che il livello di contraffazione è molto alto – ha sottolineato il capitano Matteo Guerra, comandante del I Nucleo del Gruppo Pronto Impiego della Guardia di Finanza di Palermo –. I produttori dei falsi sono arrivati a contraffare anche etichette, QR Code e siti a cui rimandano le garanzie dei prodotti».