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Famiglia nel bosco, "premiare i genitori": la proposta che fa discutere

di Giordano Tedoldi lunedì 1 dicembre 2025

3' di lettura

Quando sentite parlare di “narrazione potente”, state in guardia. Se poi questa orrenda espressione viene applicata a un fatto ambiguo come quello della cosiddetta “famiglia nel bosco”, che, cercando l’isolamento e la pace rispetto alla corruzione della civiltà moderna, in stile Henry David Thoreau, è naturalmente finita sulla bocca di tutti con tanto di servizi televisivi e prime pagine al punto da attirare l’attenzione della magistratura (con il Tribunale per i minorenni che esprime legittime preoccupazioni circa l’educazione e la scolarizzazione dei tre figli, assegnati a una casa protetta, per non parlare dell’episodio di intossicazione da funghi nel 2024 quando tutta la famiglia fu salvata solo grazie al fortunato intervento di un coltivatore vicino al loro fabbricato nel bosco di Palmoli) allora si può stare certi che le cose non stanno esattamente come ce dello Stato. Chi ha ragione?

Chi ha torto? Trattandosi di due posizioni assurde, non è facile dirlo. Quel che è certo è che assurdità chiama assurdità, e quindi è arrivata la “narrazione potente”, nelle parole dell’associazione dei consumatori “Sos Utenti”, attiva da oltre vent’anni nella tutela dei diritti civili e sociali e forte di oltre 50mila associati. In che senso narrazione potente? Lo spiega la stessa Onlus all’Ansa: «La vicenda avrebbe generato una promozione spontanea e globale dell’immagine dell’Abruzzo, con un impatto superiore a quello di molte campagne istituzionali finanziate con fondi pubblici. La famiglia, che ha scelto una vita immersa nella natura lontano da contaminazioni chimiche e sociali, pratica un modello educativo domestico e uno stile di vita radicale improntato al rispetto dell’ambiente. La loro esperienza ha suscitato l’interesse di media, cronisti e utenti da tutto il mondo, contribuendo a diffondere l’immagine di un Abruzzo autentico e incontaminato. 

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L’associazione chiede all’assessorato al Turismo e alla Giunta regionale di valutare l’assegnazione di un contributo straordinario quale riconoscimento per il ruolo promozionale svolto dalla famiglia. Tra le proposte il sostegno economico alle attività educative dei figli, con particolare attenzione all’istruzione domiciliare, e l’apertura di un tavolo istituzionale sul tema delle comunità rurali e dei modelli di vita alternativa». Il presidente onorario dell’associazione ha aggiunto: «La storia di Palmoli è ormai una narrazione potente, capace di raccontare un Abruzzo naturale, libero e ricco di esperienze umane che altrove sono scomparse. Riteniamo giusto che la Regione riconosca questo valore con un gesto concreto». Per carità, l’aiuto a una famiglia in evidente difficoltà a crescere tre figli minorenni è una proposta ragionevole e difendibile. Quello di erogare il contributo, però, non in vista di questo scopo, ma in ragione del ritorno pubblicitario ricevuto dall’Abruzzo, lascia un po’ perplessi.

Quando, esattamente, abbiamo perduto ogni coerenza? Qui abbiamo una famiglia che predica lo sganciamento dal mondo così come lo conosciamo e viviamo, quello mediatico, iperconnesso, sempre disponibile, schiavo di notifiche e messaggini, che non vuole non dico l’iPhone ma nemmeno l’acqua corrente e la luce elettrica, per non parlare dei funghi velenosi sfortunatamente finiti sulla loro tavola malgrado l’Abruzzo incontaminato, e la si vuole assistere finanziariamente perché «a loro esperienza ha suscitato l’interesse di media, cronisti e utenti da tutto il mondo»? Cioè vogliamo dare soldi statali a una famiglia che, almeno nelle intenzioni dichiarate, vorrebbe come gli aborigeni sparire dagli annali della civiltà odierna e da ogni istituzione, perché ha avuto il merito (che lei stessa non dovrebbe riconoscersi) di avere fatto parlare di sé e della sua capanna in tutto il mondo?

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