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Fine dei sit-in: il popolo viola è crepato giovane

Un colore, un destino: in meno dei due anni la parabola dei pasdaran anti-Berlusconi si è conclusa

Andrea Tempestini
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Avanti il prossimo. Tra gli effetti collaterali più soddisfacenti del voto della Camera che giovedì ha sottratto il deputato del Pdl Marco Milanese al carcere di Poggioreale, va indubbiamente registrato il decesso del famoso Popolo viola: quattro gatti fuori da Montecitorio e quattro righe sui giornali di ieri, inclusi quelli amici. A nemmeno due anni dalla comparsa ufficiale sulla scena mediatica italiana (era il dicembre del 2009), la bolla è scoppiata. E dire che si portava parecchio, il Popolo viola. Gli autoconvocati del web, la generazione senza rappresentanza, gli indignati antisistema. I giovani, perdinci. Erano quelli che andavano alle manifestazioni brandendo cartelli bianchi con su scritto “basta”, buoni per tutto: basta Berlusconi, basta governo, basta mafia, basta terremoto, basta emergenza democratica. Quale che fosse l'argomento in prima pagina, loro si facevano girare le scatole, pigliavano su il cartello con scritto “basta” e andavano in piazza a urlare vergogna e dimissioni. Naturale che i giornaloni di sinistra e i media in generale si innamorassero istantaneamente di questa gente: lo scapigliato col megafono fa sempre simpatia, specie se - come i capetti del popolo viola - fa professione di apartiticità e si proclama almeno una volta ogni tre frasi «espressione della società civile». E si sa quanto fa figo in certi ambienti fare parte della società civile che si indigna. Così, per mesi e mesi i sit in messi in piedi da costoro sono stati trattati come la marcia dei quarantamila. E con la sovraesposizione è cominciato il divertimento. Coi Viola - sempre perché loro erano antropologicamente diversi dal marciume partitocratico - che si fanno la loro brava scissione: Popolo viola di qua e Rete viola di là, la differenza principale tra i due tronconi risultando essere che i primi erano «fluidi e molecolari» mentre i secondi puntavano tutto sulla «partecipazione in real» (a un certo punto, a complicare ulteriormente il quadro era sbucata fuori anche una non meglio precisata Resistenza viola). Capitò che alcuni giornali, che comprensibilmente disorientati attribuivano al Popolo le manifestazioni della Rete e viceversa, ricevessero comunicati di fuoco con richiesta di rettifica. Insomma, il livello di serietà del tutto era sufficientemente basso perché i Viola prendessero il posto che era stato, nell'ordine, dei no global, dei girotondini, dei new global, del popolo del web e di tutte le altre sigle che si sono succedute negli ultimi anni. Fino a ieri l'altro. Fino al tragico flop della manifestazione a Montecitorio e al voltafaccia della stampa d'area. Per quanto triste, la dinamica è però comprensibile: due anni sono lunghi e per definizione le mode non sono eterne. Senza contare che adesso ci sono gli Indignados: stessa gente, ma con l'etichetta nuova. Vuoi mettere? di M.G.

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