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Erika passerà il Natale in libertà. Ma perché ha ucciso?

Ciò che nell'eccidio di Novi Ligure non riesce a comprendere davvero è il movente: odio oppure una psicopatologia mentale?

Andrea Tempestini
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Erika De Nardo, la ventiseienne condannata a sedici anni (ridotti a dieci per indulto e buona condotta) per l'omicidio della madre e del fratellino, avvenuto a Novi Ligure nel febbraio del 2001 ha lasciato la comunità Exodus di Lonato di Don Mazzi, nel bresciano. Libera, trascorrerà il primo Natale insieme al padre. La giovane intende eclissarsi e chiede ai giornalisti di essere lasciata in pace. Il delitto di Novi Ligure ha sconvolto le coscienze per la giovane eta dei fidanzatini-assassini, per l'efferatezza e l'alone di apparente normalità in cui si è svolto.  Il ventuno febbraio 2001 la diciassettenne Erika denuncia freddamente l'eccidio della madre quarantunenne Susy Cassini e del fratellino Gianluca di undici anni accusando due albanesi entrati in casa per furto. In quel momento il padre è assente. L'esame della scena del delitto è raccapricciante, cinquanta coltellate al piccolo massacrato nella vasca da bagno e quarantasette alla donna. Intercettazioni telefoniche e interrogatori mettono però al tappeto ragazza e fidanzatino, costretti a confessare nonostante si scarichino reciprocamente la colpa.  Vari periti valutano la condizione personale e socio-familiare dei ragazzi ma nelle famiglie dei due giovani assassini non risultano particolari situazioni conflittuali o patologie familiari. Solo padri assenti e figure materne dominanti. La famiglia di Erika appartiene a un ceto sociale medio-alto, bene in vista, molto stimata e con ottime possibilità economiche. Il padre ha fatto carriera in un'azienda e la madre, casalinga, si e sempre presa cura dei figli con energia e attenzione. A casa Erika è  ribelle, scontrosa. Come affermano gli psichiatri l'incontro tra i due è un colpo di fulmine, tanto che la loro relazione li isola dagli amici. Chiusi tutto il pomeriggio nella stanza di Omar fanno di tutto, dal sesso sadico all'uso di cocaina e hashish, ascoltano musica, leggono... Fusi in un completamento vicendevole, lei dominante ordina, lui succube esegue. La premeditazione del delitto dura dai due ai quattro mesi e il progetto e di cancellare totalmente la famiglia della ragazza. Omicidio caratterizzato dall'overkilling, visto che i colpi inferti alle vittime sembrano di valore psicologico riconducibile alla perdita di controllo. Ciò che nell'eccidio non si riesce a chiarire e il movente. Per alcuni esperti il movente va ricercato nell'odio viscerale più che nella patologia di Erika verso quella madre rigida, cattolica, perfetta, ma d'intralcio alla sua vita. Per altri sembra invece prevalere una psicopatologia mentale personale e di coppia. Si parla anche di personalità narcisistica e disturbo borderline.  Per Omar, si ipotizza invece un disturbo della personalità. Tratto da: 'Io, figlio parricida' di Antonella Colonna Vilasi, Iris4edizioni, 2010

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