Alla grande festa della manetta Travaglio non poteva mancare

Andrea Tempestini

Nella grande festa organizzata dall'Idv per il ventennale di Mani Pulite non poteva mancare l'emblema dell'italico giustizialismo, Marco Travaglio. In un tripudio di bandiere dell'Italia dei Valori - manco ci fosse da festeggiare la vittoria ai mondiali; ops alle elezioni - quando prendeva la parola il vicedirettore del Fatto Quotidiano era il delirio dei fan, raccolti nella cornice del teatro Elfo-Puccini di Milano nella grottesca celebrazione di uno scandalo passato, nel ricordo sacrale e commosso del tintinnar di manette. E il termine "commosso" non è campato in aria, che il pm degli interrogatori-spettacolo, quell'Antonio Di Pietro che è poi passato alla politica e che insieme a Travaglio era sul palco del teatro, ricordando le indagini, le cause e le lotte di due decenni fa è scoppiato in lacrime vere e proprie. Poi le urla del pubblico, gli insulti gridati al cielo quando sul maxischermo compare "l'untore", quel Silvio Berlusconi che "hai rovinato l'Italia". E giù insulti. E poi ancora festa. Bandiere al cielo, rievocazioni, proiezioni del passato nel mondo di oggi che è invariabilmente marcio ma sono giusti loro. Quando parla Travaglio, il guru della manetta, l'attenzione è spasmodica, surreale. Il clima è avvelenato. Emblematico il momento in cui Marco dice "e quando trovi 10 miliardi in Svizzera..." e tutti a esultare, applaudire, osannare una frase mozzata dal grido della folla, fuori contesto: le mani vengono battute a prescindere.