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Magia di Renzi: piovono soldi sul lirico di Firenze

Franco Bechis
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Con il governo di Matteo Renzi se non proprio il verso, è cambiata la musica. A Firenze. Perché curiosamente proprio nel capoluogo toscano si è riversata la quota più rilevante di fondi pubblici per sostenere le fondazioni lirico-sinfoniche seguendo i dettami della legge 112 del 2013. Al maggio musicale fiorentino sono arrivati infatti 33,4 milioni di euro sui 146,2 assegnati fino ad ora per gli enti lirici sottoposti a un percorso di risanamento. I fondi sono stati erogati dalla direzione spettacolo del ministero dei Beni culturali in base alla legge che condizionava i contributi a un piano di risanamento pluriennale che consentisse di diminuire i costi operativi dei teatri lirici e aumentare le loro entrate da biglietteria e sponsorizzazioni in modo da riportare in equilibrio i loro conti senza presentare un conto extra allo Stato che non poteva più sostenerlo. Il commissario governativo uscente previsto da quella legge, Pier Francesco Pinelli, è stato ascoltato per un'ora e mezza il 16 febbraio scorso in commissione cultura del Senato in una audizione informale di cui non è stato redatto il tradizionale resoconto. Pinelli però ha fatto arrivare alla commissione un documento illustrativo della situazione degli otto teatri lirici interessati dalla legge, che è in grado di fare capire più di molte chiacchiere. La sorpresa del documento è proprio quel Maggio musicale fiorentino che era stato uno dei chiodi fissi di Renzi sindaco di Firenze. Ed è una doppia sorpresa. Per il motivo ricordato sopra: batte tutti i concorrenti nella caccia ai fondi pubblici (33,4 milioni contro i 29,3 al San Carlo di Napoli, i 25 dell'Opera di Roma, i 16,9 del comunale di Bologna, i 16,1 del Carlo Felice di Genova, i 12,9 del Verdi di Trieste, gli 8 del Massimo di Palermo e i 4,5 del Petruzzelli di Bari). Ma sorpresa anche per un secondo motivo: Firenze è il primo della classe per aiuti di Stato, ma in compenso è in fondo alla classifica per i risultati del proprio piano di risanamento. E' accaduto nel capoluogo fiorentino quindi l'esatto opposto di quello che si proponeva la nuova legge sugli enti lirici: un aiuto di Stato al risanamento che fosse parallelo però alla virtuosità dei comportamenti delle fondazioni che avrebbero ricevuto ancora una volta quei copiosi fondi pubblici. Non lo nasconde lo stesse commissario Pinelli nelle schedine che compila in calce al documento sull'andamento dei piani di risanamento dei vari teatri lirici. Se ci sono lodi all'Opera di Roma che “eccelle nell' ampliamento dell'offerta, nell'incremento dei ricavi da botteghino e nell'attrazione di sponsorizzazioni e contributi privati”, e altrettante al Giuseppe Verdi di Trieste che “prosegue il percorso di risanamento previsto specie in relazione al controllo dei costi, aspetto in cui la Fondazione eccelle”, e non mancano apprezzamenti al Massimo di Palermo (“risultati in linea con il piano”) e perfino al Petruzzelli di Bari (“Ha nei bassi costi strutturali di gestione il proprio punto di forza”), non si può dire altrettanto del Maggio musicale fiorentino. Nel caso di Firenze si rileva un difetto che qualcuno da quella città deve avere esportato nella capitale di Italia: grandi parole, molte promesse, piani futuri mirabolanti. Però era così anche l'anno precedente. E il preconsuntivo 2015 viene giudicato così: “Ha costi elevati (spettacoli, teatro, marketing, management), ricavi da sponsor inferiori alle attese, non ha impostato una gestione ordinaria efficace e conseguirà nel 2015 una perdita operativa e di cassa importante nonostante un risultato netto positivo per partite contabili”. Quindi “il risanamento permane impegnativo”. Il documento del commissario spiega poi nel dettaglio quanto è accaduto nel 2015, fornendo molte cifre. Primo specchio della gestione il margine operativo lordo dei vari teatri lirici. In cinque casi è positivo (Napoli, Roma, Trieste, Bari e Palermo) e in tre negativo (Genova, Firenze e Bologna). In un solo caso- quello di Napoli- il teatro lirico ha fatto nel 2015 meglio (di 450 mila euro) delle promesse del piano di risanamento. In due casi- Bari e Genova- il risultato reale è identico alle promesse fatte l'anno precedente. Gli altri cinque teatri lirici hanno avuto risultati inferiori alle promesse. Qualcuno di pochissimo (Trieste, Palermo e Roma), e in due casi le promesse erano scritte sull'acqua, perchè il risultato è stato lontanissimo dal piano: Bologna e Firenze, con il Maggio musicale che ha la maglia nera per distanza fra risultato atteso e risultato conseguito (doveva andare in attivo di 2,76 milioni di euro, chiude in passivo per 1,54 milioni con una differenza di 4,30 milioni di euro). Questo mare che a Firenze c'è fra il dire e il fare appare in ogni voce: i costi totali secondo promesse avrebbero dovuto ammontare a 30 milioni di euro, e invece sono stati 34 milioni. I costi del personale dovevano essere di 18 milioni di euro, sono stati di 20 milioni, e così via per tutte le voci. Il Maggio musicale fiorentino insomma ricorda molto da vicino i conti dello Stato nell'era Renzi: grandissime promesse, risultati scarsini. Di solito si viene puniti. Renzi ha provato a farsi premiare lo stesso lassù a Bruxelles, ed è stato rimandato al suo paese. Il teatro lirico di Firenze ha fatto la stessa cosa a Roma. E l'ha ottenuta. Si vede che può contare su un proprio santo nel Paradiso del governo nazionale… Continua a leggere su L'imbeccata di Franco Bechis

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