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Ue: Littler, uguaglianza priorità per datori lavoro

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AdnKronos
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Roma, 14 nov. (Labitalia) - Il miglioramento dell'uguaglianza sul posto di lavoro è una priorità per i datori di lavoro europei e la maggior parte degli intervistati si sta muovendo per affrontare il problema della parità retributiva e delle molestie. I datori di lavoro stanno, inoltre, adottando una serie di misure a sostegno della salute mentale dei loro dipendenti. E' quanto rileva Littler, il più grande studio di diritto del lavoro al mondo, che ha pubblicato i risultati del suo secondo rapporto annuale European employer survey report, stilato sulle base delle risposte fornite da circa 600 consulenti interni e professionisti delle risorse umane. I datori di lavoro europei stanno riservando molta attenzione alla parità retributiva, mostrando un accresciuto impegno su una serie di azioni potenziali rispetto a quanto emerso dall'indagine del 2018. L'incremento più significativo si è registrato nell'offerta di maggiore formazione e opportunità di avanzamento per le donne e i dipendenti diversificati (dal 21% nel 2018 al 33% nel 2019), seguito dal miglioramento della trasparenza sulle politiche salariali e retributive (dal 21% al 30%) e dalla modifica delle politiche retributive (dal 25% al 32%). La proliferazione di leggi che impongono il controllo del divario retributivo di genere nei paesi europei sembra essere uno dei fattori trainanti di questa attività. La maggior parte degli intervistati (80%) indica che il segnalare i propri divari retributivi di genere costituisce una preoccupazione, ma i datori di lavoro europei intervistati stanno anche adottando azioni che vanno al di là di quanto richiesto dalla legge. Inoltre, i datori di lavoro europei si stanno muovendo in modo leggermente più aggressivo per affrontare le molestie sessuali sul luogo di lavoro, aggiornando le politiche del personale (dal 26% nel 2018 al 32% nel 2019), affrontando in modo più proattivo i reclami e i comportamenti scorretti (dal 23% al 31%) e rafforzando le procedure investigative (dal 23% al 30%). Una buona percentuale degli intervistati è d'accordo poi con l'adozione da parte dei governi europei di misure per combattere le molestie e le discriminazioni sul posto di lavoro; quasi la metà (42%) conviene con l'obbligo per le aziende di designare un punto di contatto per i lavoratori per le denunce e più di un terzo (35%) sostiene la segnalazione obbligatoria sullo stato dell'uguaglianza di genere. Un confronto con i risultati dell'ultima indagine annuale di Littler sui datori di lavoro negli Stati Uniti, pubblicata nel maggio 2019, mostra un maggiore impegno europeo per la parità retributiva mentre in America l'impegno è più concentrato nell'affrontare le molestie sessuali sul posto di lavoro. Solo il 15% dei datori di lavoro europei dichiara di non aver intrapreso alcuna azione per affrontare la parità retributiva sul posto di lavoro, rispetto al 37% dei datori di lavoro statunitensi. D'altra parte, più datori di lavoro statunitensi riferiscono di aver preso provvedimenti in risposta al movimento #MeToo, tra cui l'offerta di formazione supplementare (22 per cento in Europa contro il 63 per cento negli Stati Uniti) e l'aggiornamento delle politiche Hr (32 per cento in Europa contro il 51 per cento negli Stati Uniti). Queste differenze possono riflettere il livello di attenzione mediatica e legislativa prestata a questi temi in Europa contro gli Stati Uniti. Le misure legali che richiedono la segnalazione del divario retributivo di genere sono state più diffuse in Europa, mentre il movimento #MeToo negli Stati Uniti ha dato origine a una serie di leggi statali che richiedono una formazione sulle molestie sessuali. Sullo sfondo di una forza lavoro che invecchia, di una tecnologia in rapida evoluzione e delle pressioni del mercato che richiedono ai dipendenti di fare di più con meno, i datori di lavoro europei sono sempre più attenti al tema delle malattie e dei disagi mentali sul posto di lavoro. Quasi 9 intervistati su 10 (87%) affermano che le loro organizzazioni stanno intraprendendo varie azioni per affrontare e sostenere la salute mentale dei dipendenti. Il 41% degli intervistati fornisce un adeguato periodo di ferie e assenze per malattia, il 38% limita il lavoro ininterrotto e il 35% incoraggia una cultura che favorisce una comunicazione aperta tra i dipendenti e il management. Le aziende pongono inoltre maggiore enfasi sul sostegno ai lavoratori che rientrano da un lungo congedo per malattia mentale. Più di un quarto (28%) afferma che le loro organizzazioni sono riuscite a reintegrare i dipendenti e solo il 6% dichiara di non aver avuto successo. Tuttavia, il fatto che una pluralità di intervistati (38%) non sappia se le loro organizzazioni siano efficaci o meno in tale ambito indica un continuo margine di miglioramento. L'indagine copre una serie di altre questioni di carattere giuridico e di tematiche relative alle risorse umane che hanno un impatto sulle imprese europee, tra cui i preconcetti inconsapevoli sul posto di lavoro, le tendenze nell'uso dell'intelligenza artificiale e della robotica, l'aumento significativo della spesa connessa al regolamento Ue sulla protezione dei dati (Gdpr) e l'impatto della decisione della Corte di giustizia europea sul monitoraggio dell'orario di lavoro dei dipendenti. "E' interessante notare - dichiarano Carlo Majer ed Edgardo Ratti, co-managing partners di Littler in Italia - che una percentuale considerevole di professionisti hr e di consulenti interni, rispondendo all'indagine, si dichiarano d'accordo con misure che richiederebbero tempo e risorse aggiuntive per essere attuate". "Ciò - sottolineano - può riflettere il riconoscimento di ciò che gli intervistati ritengono giusto per la società nel suo complesso e per gli individui colpiti da molestie sul posto di lavoro, e non, invece, necessariamente ciò che è meglio per la propria azienda".

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