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A portata di mano almeno 60mila nuovi posti di lavoro

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Per Carcassi (Uil) le occupazioni "verdi" cresceranno in fretta. Luongo (GiGroup): occhio agli energy manager

Tatiana Necchi
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di Beatrice Corradi - Non è più solo una filosofia di vita. Verde e sostenibilità oggi sono concreti sbocchi di lavoro. Fino a 60.500 posti in più potrebbero essere generati nei prossimi 10 anni nel settore delle energie rinnovabili. È la stima di Filctem Cgil-Ires, confermata anche da altri studi. E se oggi i cosiddetti “green workers” sono già 100 mila, biomasse, eolico e fotovoltaico cominciano ad acquistare un ruolo affatto secondario per una crescita futura del Paese. Ne è convinto il segretario confederale della Uil, Paolo Carcassi, che a Libero spiega come «il tema dell'energia sia oggi più che rilevante per la produzione industriale». «In Italia», afferma, «paghiamo l'energia il 30% in più di quanto si paghi nel resto d'Europa. È ormai un gap competitivo molto sentito dagli imprenditori. Si pensi al caso dell'Alcoa, il più famoso. Ma anche alle acciaierie, alle filiere del vetro e della carta: produzioni energivore che oggi rischiano la crisi a causa dei prezzi lievitati del petrolio». «Se eolico, fotovoltaico, idroelettrico, geotermico o biomasse venissero invece sviluppati», Carcassi ne è convinto, «si potrebbe creare occupazione diretta, al di là di quanto ci chiede l'Europa». Ma quali professionalità saranno richieste? Lo abbiamo domandato a Emilio Luongo, responsabile della divisione Green economy di GiGroup. «Intanto è giusto affermare che nel “green” ci sono nuove professionalità, ma spesso si tratta di figure professionali già presenti nel nostro mercato del lavoro e delle professioni, solo che si presentano con un mix di competenze e conoscenze inedito e peculiare», precisa Luongo. «Tra le figure più richieste o comunque più presenti nel nuovo mercato del lavoro verde  si possono citare l'Energy manager, il responsabile per la conservazione e l'uso razionale dell'energia e i certificatori energetici, ossia i “tecnici abilitati” alla certificazione energetica degli edifici». I tecnici più richiesti del mercato energetico sono oggi i tecnici installatori, oltre ai «periti tecnici o ingegneri che si occupano anche della progettazione di impianti solari termici o fotovoltaici, e i tecnici commerciali, specializzati nell'attività di consulenza e vendita del mercato delle forniture di energie rinnovabili, impianti fotovoltaici e pannelli solari». Nuove figure si stanno però sviluppando anche nel settore del riciclo dei rifiuti, in quello della gestione delle risorse forestali, della sicurezza del territorio e anche in quello legislativo, con la diffusione dell'avvocato ambientale. Per citare invece un caso curioso, ecco la professionalità dell'ecochef, al quale, spiega ancora Luongo, «è richiesta l'abilità di cucinare pietanze di alta cucina solo con prodotti bio e a chilometro zero dal ristorante». Nuove professionalità, quindi, sono all'orizzonte. Ma quale formazione occorre, per accedervi? E inoltre: saranno i giovani, i lavoratori di questo settore del futuro, o avverrà un reimpiego di personale già occupato, che andrà di conseguenza aggiornato? Carcassi cita l'esempio dell'eolico italiano, un settore «cresciuto del 30% nell'ultimo anno e che ha prodotto 5.800 nuovi posti di lavoro». «Dai nostri studi», continua il sindacalista Uil, «il personale è soprattutto giovane: l'accesso a queste professioni è legato anche a una nuova forma mentis, una visione nuova del mondo. Non è certo un lavoro convenzionale». Luongo consiglia ai giovani «di approcciare e opportunità che il settore presenta dopo aver acquisito tutte le informazioni necessarie», e di scegliere quindi «corsi di formazione secondari in grado di far acquisire quelle conoscenze indispensabili nelle green energy e nel green in generale. Inizialmente è necessario accettare di lavorare in condizioni e in ambienti non sempre facili, ma l'importante è maturare e qualificare esperienze conseguite in settori affini». La Uil, proprio per introdurre a questo particolare mondo del lavoro, organizza da un paio d'anni con l'Anev (Associazione nazionale del vento) dei corsi di formazione - «sono molto frequentati, e danno possibilità concrete» - e si propone di elevarli a livello universitario, in forma di master, a partire da autunno. Basterà, per farsi strada, anche un diploma tecnico: elettrico, meccanico o commerciale. Ma le lauree in ingegneria ed economia saranno le più gettonate, come anche quelle in giurisprudenza: «I fenomeni legislativi saranno sempre più importanti», dice infatti Carcassi, «perché il sistema autorizzativo e tutte le pratiche connesse agli elementi di sviluppo delle attività o alle concessioni rappresentano una vera e propria “selva” di norme e decreti. La legislazione affidata alle Regioni e le regole quindi non uniformi in tutta la Penisola purtroppo penalizzano le iniziative che potrebbero invece essere simili di territorio in territorio». «Il meccanismo di autorizzazioni amministrative per la realizzazione degli impianti è di gran lunga il più complesso e più lungo d'Europa», rincara Luongo, «e si aggiunga che il governo dovrebbe adottare politiche di sviluppo dell'economia verde e dell'energia da fonti rinnovabili, ovvero per raggiungere gli obiettivi ai quali l'Italia si è impegnata insieme agli altri paesi europei, misure di incentivazione e sostegno all'investimento di capitali e alla realizzazione di opere ed impianti, ma a volte  il risultato è di norme che finiscono, seppur in modo indiretto e sicuramente non voluto, per rappresentare un rallentamento allo sviluppo». L'obiettivo? «Diventare come la Germania», dice Carcassi, «che ha oggi più addetti nei settori delle rinnovabili che in quello delle auto. Bisogna creare una filiera per rendere realmente credibile lo sviluppo. Dovremmo cominciare a produrre. E per farlo ci vuole un mercato stabile». In termini di valore aggiunto si stima che l'industria italiana del settore potrà realizzare un fatturato medio annuo compreso tra i 2,5 e i 5,5 miliardi di euro l'anno entro il 2020. Tuttavia, per valori inferiori a 3,5-4 miliardi di euro l'anno, la dinamica della produttività non appare sufficiente a garantire l'autonomo e duraturo sviluppo del settore. Resta, quindi, centrale il ruolo che giocheranno gli incentivi, a partire da quelli riguardanti il fotovoltaico. «In Germania il settore ha una maturità più importante di quella che ha in Italia e già questo basterebbe a comprenderne il diverso sviluppo, ma anche il diverso valore sia dal punto di vista industriale che, quindi, occupazionale», conclude Luongo, «e si aggiunga che in Italia - a parte rari casi ed eccellenze che andrebbero sostenute ed emulate - la componente industriale è scarsamente presente; per dirla in parole povere in Italia si installano strutture e componentistica degli impianti realizzati in altri paesi: Germania, Danimarca e Spagna in primis».

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